Storie Web domenica, Aprile 28
Notiziario

La marcia indietro della Commissione Ue sulla riduzione dei pesticidi, che concede tempi più lunghi agli agricoltori, per le multinazionali della chimica nei campi è una vittoria solo a metà. Perché se non si renderanno più brevi i tempi per ammettere sul mercato nuove molecole, comprese quelle più sostenibili, l’agricoltura rimarrà a corto di ritrovati contro i parassiti e le malattie delle piante. A sostenerlo è Syngenta, uno dei quattro grandi colossi mondiali degli agrofarmaci e dei fertilizzanti insieme a Basf, Bayer e Corteva. Svizzero di nascita, acquisito dalla cinese ChemChina sette anni fa, il gruppo ha un fatturato che si aggira intorno ai 33 miliardi di euro. Massimo Scaglia, un curriculum di studi da esperto in agronomia, è l’amministratore delegato di Syngenta Italia.

Cosa si aspetta dall’Unione europea che uscirà dalle prossime elezioni di giugno?

Io credo che il Green deal sia nell’agenda di tutti. Il problema è che la Ue da un lato ci chiede di portare avanti l’innovazione per ridurre l’impatto ambientale degli agrofarmaci nei campi, ma dall’altro non fornisce tempi tecnici accettabili per l’approvazione di una nuova molecola, neanche per i prodotti di origine non chimica ma naturale. In Europa l’innovazione negli agrofarmaci si è fermata: è dal 2019 che la Ue non approva nuove molecole, l’ultima è stata una della Basf. Negli ultimi tempi Syngenta ha immesso sul mercato tre nuovi insetticidi, ma nessuno è stato accettato in Europa. Alcuni di questi sarebbero utili in Italia, per esempio contro la popilia, un coleottreo che mangia le foglie e che ad oggi non riusciamo a tenere sotto controllo. Noi chiediamo che i prodotti vengano valutati secondo metodi scientifici e non politici. L’obiettivo non è avere un’agricoltura biologica di nicchia, ma rendere disponibili per tutti, senza discriminanti di prezzo, prodotti migliori e più sostenibili.

Quale è la prossima grande frontiera della ricerca nel vostro settore?

Se guardiamo all’Europa le Tea, cioè le biotecnologie agricole, una volta approvate potrebbero rappresentare un passo importante per ottimizzare la resistenza delle piante a determinati patogeni. Anche Syngenta ci sta lavorando, soprattutto per quanto riguarda le orticole. L’altra grande frontiera sono i biostimolanti, che possiamo considerare l’alternativa bio ai fertilizzanti chimici. Il biostimolante è di origine naturale, non si dà al terreno ma direttamente alla pianta e permette di ridurre la quantità di fertilizzanti in campo: esattamente come ci chiede la Ue, che ha stabilito una riduzione dei concimi chimici del 20% entro il 2030. Per esempio, 50 grammi del nostro prodotto a base di azotobacter salinestris possono sostituire tra i 60 e gli 80 chili di urea, introducendo nel terreno un microrganismo che aiuta a fissare l’azoto. Per potenziare la ricerca in questo campo, nel 2020 abbiamo acquisito Valagro, che ha sede ad Atessa, in provincia di Chieti, e oggi è diventata il centro di riferimento globale per tutto il gruppo in questo comparto. Oggi Syngenta Biologicals, che insieme ai biostimolanti comprende anche gli agenti di biocontrollo, rappresenta il 13% del nostro fatturato ed entro quattro anni salirà al 25%.

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