Storie Web giovedì, Maggio 9
Notiziario

Il 30 aprile è atteso in consiglio dei ministri il decreto legge sul riordino della politica di coesione. Lo ha confermato sabato il ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, a margine della conferenza programmatica di FdI a Pescara.

«Siamo al lavoro sul decreto, aggiungere altro non sarebbe utile in questo momento – dice – Non sono abituato a dare indiscrezioni. È una riforma molto importante che come è noto è stata inserita anche su indicazione del governo nel confronto con la Commissione Ue fra le sette nuove riforme che il governo ha messo in campo nella revisione del Pnrr, è diventata una milestone ed è uno degli obiettivi della sesta rata». In realtà il decreto dovrebbe agire soprattutto sui meccanismi di governance, tentando di estendere ai fondi strutturali le logiche di contingentamento dei tempi, secondo un rigido cronoprogramma, già introdotte per il Fondo nazionale sviluppo e coesione. Il focus sarà il ciclo 2021-2027 che conta su quasi 43 miliardi (cui se ne aggiungono circa 32 di cofinanziamento nazionale). Ma il governo dovrà agire con attenzione, perché le regole di gestione dei fondi Ue, soprattutto per evitare rischi di accentramento a scapito delle Regioni, sono attentamente monitorate dalla Ue. «L’obiettivo è intervenire strutturalmente su alcuni limiti e deficit che hanno rappresentato le politiche di coesione del nostro Paese – commenta Fitto – È un fatto noto. Basta leggere l’ottavo e il nono rapporto sulla coesione presentato due settimane fa dalla Commissione europea, quindi c’è l’esigenza di intervenire su questo, di rendere organico questo lavoro con il Pnrr».

La visione del ministro e i timori delle regioni

Secondo la visione del ministro, «dopo aver riformato il Fondo di sviluppo e coesione, si completa questo percorso con questa importante riforma che mette in campo un modello di governance in grado di rendere efficaci ed efficienti l’utilizzo di queste risorse». Le regioni temono non solo che la riforma possa tradursi un ulteriore accentramento della gestione delle risorse per la coesione, superando il carattere territoriale di questa politica, ma anche un pericoloso allungamento dei tempi che si aggiungerebbe a quello prodotto indirettamente dall’attesa degli accordi per la coesione voluti da Fitto e che hanno provocato un ritardo di almeno una decina di mesi, nel caso di alcune regioni del Sud anche di più.

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