Niente da fare. Anche marzo non interrompe la serie negativa annua della produzione industriale, in discesa a questo punto per il 26esimo mese consecutivo. Al limitato progresso mensile, un guadagno di un decimale, si contrappone infatti la discesa tendenziale dell’1,8%. che coinvolge quasi tutte le macro-categorie, ad eccezione di energia e beni di consumo durevoli. A guidare i ribassi sono i comparti da tempo in sofferenza, dunque la moda in senso lato (giù di oltre il 12%) e i mezzi di trasporto, in calo di oltre otto punti. Qui a pesare è ancora una volta la produzione di vetture, con gli autoveicoli in generale a cedere quasi 17 punti. Male, certamente, ma comunque meglio rispetto ai tracolli precedenti.
Con il dato di marzo si qualifica meglio la rilevazione Istat sul Pil del primo trimestre, che aveva già registrato un passo avanti del valore aggiunto dell’industria, esito dello scatto congiunturale di gennaio, mese in cui l’indice era avanzato di 2,5 punti. Nel primo trimestre la produzione cresce così dello 0,4% rispetto al periodo precedente, il che, per quanto sia di limitata consolazione, non accadeva, come spiega l’Istat, dal secondo trimestre 2022.
Mini recupero congiunturale che non cambia però il trend di debolezza complessivo: da febbraio del 2023 il dato tendenziale vede infatti una discesa ininterrotta e marzo non trae beneficio nemmeno dal confronto con un periodo debole, marzo 2024, che su base annua presentava già un calo di quasi quattro punti rispetto allo stesso mese del 2023.
Ancora debole resta a marzo l’area dei macchinari, che forse solo nelle rilevazioni successive potrà iniziare a giovarsi dell’accelerazione parziale di Transizione 5.0. Se i valori sono ancora a distanza siderale dai target (864 milioni di crediti d’imposta prenotati su 6,24 miliardi disponibili) c’è comunque uno scatto evidente (oggi si viaggia al ritmo di dieci milioni prenotati al giorno), tanto da spingere ad un quasi raddoppio le commesse di macchine utensili raccolte in Italia nel primo trimestre, un +71% che ha a che fare anche con questi bonus. La traduzione in produzione sarà però forse visibile più avanti: a marzo infatti l’output del settore su base annua cede il 2,5%, anche se rispetto a febbraio avanza di oltre due punti.
Giù anche la fiducia
Segnali non brillanti arrivano anche dalle indicazioni qualitative. Nel caso delle famiglie, per l’indice di fiducia si scende ai minimi da ottobre del 2023, per effetto di un diffuso peggioramento delle opinioni, soprattutto quelle relative alla situazione economica generale. Ma la frenata è per la verità corale, abbracciando clima economico e personale, sia corrente che futuro. Il che si traduce, in termini concreti, in una minore disponibilità all’acquisto di beni durevoli. Umori cupi anche tra le imprese, con l’indice di fiducia caduto ai minimi da marzo del 2021, è in discesa di quasi due punti a quota 91,5, terzo mese consecutivo in calo. L’Italia da questo punto di vista peraltro non fa eccezione, tenendo conto della frenata dell’indice misurato dalla commissione europea così come della rilevazione negli Stati Uniti, con aprile a presentare un crollo inedito, riportando il livello ai minimi dal 2020.