Storie Web lunedì, Maggio 12
Notiziario

Ari Goldsmith sorride ancora nonostante i chilometri macinati tra gli stand di Tuttofood, il salone internazionale dell’industria alimentare che si è aperto lunedì 5 maggio alla Fiera di Milano. Arriva dagli Stati Uniti, è vicepresidente marketing di KeHe. Un colosso della distribuzione a stelle e strisce: 31mila punti vendita serviti tra catene di supermercati e negozi indipendenti, un fatturato di oltre 9 miliardi di dollari. A Milano è venuta per fare scouting di nuovi prodotti. Ma la domanda inevitabile è una sola: gli americani compreranno ancora made in Italy se entreranno in vigore i dazi di Trump? «Ho toccato con mano la preoccupazione degli imprenditori italiani – racconta – anche da noi tutti parlano dei dazi e sono preoccupati. Ma la convinzione più diffusa non è che i consumatori smetteranno di comprare alcuni prodotti e li sostituiranno con altri: il vero timore è che a causa dei prezzi crescenti limiteranno i pasti consumati fuori e torneranno a mangiare a casa». Insomma, tenute e cali dipenderanno soprattutto dal canale di vendita: se un marchio italiano negli Usa rifornisce i ristoranti, allora è più a rischio, se invece viene venduto dalla grande distribuzione rischia di meno. Tesi interessante.

Se non ne fosse convinta, Ari Goldsmith non sarebbe venuta a Milano a caccia di novità: «Ho guardato con grande interesse a tutte le linee proteiche. Mi ha colpito la crema di pistacchi, è perfetta da spalmare la mattina sui pancake o sulle banane, la trovo un ottima risposta alla moda dilagante del Dubai Choccolate. E poi ho scoperto pizze congelate eccellenti, che a differenza di quelle prodotte negli Usa non hanno nè additivi nè conservanti».

In Canada, invece, sembra vada forte la pinsa romana, da un po’ di tempo a questa parte in città aprono solo pinserie. Ma i buyer canadesi non hanno la stessa voglia di parlare di quelli americani. Le domande sulla politica di Trump e i dazi incassano solo no comment.

Dall’altra parte del mondo sono decisamente più loquaci. Nishino Kyoko viene dal Giappone e lavora per i grandi magazzini Daimaru Matsuzakaya. È una grande esperta di vini, ma a Tuttofood è venuta in cerca di prelibatezze al cioccolato. Cremini, praline, nocciolati: «Fino a poco tempo fa in Giappone quello più ricercato era il cioccolato belga – dice – oggi invece tutti puntano su quello francese. Ma io sono pronta a scommettere che la prossima ondata sarà quella del cioccolato made in Italy». Tetsuo Ohsawa, invece, è in missione per conto dei supermercati giapponesi Belc ed elenca in perfetto italiano tutti i prodotti made in Italy che la sua catena già importa: vino, pasta, salsa di pomodori, gnocchi, panna cotta e panettone. «Alla fiera di Milano cercavo qualcuno da cui importare le burrate, è un prodotto molto richiesto oggi – racconta – per farle arrivare in Giappone me le hanno proposte solo congelate, ma scongelarle quando arrivano non mi convince dal punto di vista della sicurezza alimentare. Così ho rinunciato». In compenso, anche Ohsawa ha adocchiato una «eccellente crema al pistacchio, solo che è troppo cara». Già, perché anche il potere d’acquisto dei giapponesi sta calando, tra l’economia che ristagna e l’inflazione che decolla. «I consumi a Tokyo stanno cambianto rotta – conferma Emanuele Bonsignore, consulente di Aeon per il mercato del Sol Levante – e nei magazzini si accumulano sempre più prodotti premium che restano invenduti».

Al contrario, in Perù il potere d’acquisto della classe media è in crescita, seppur lenta. Per questo Leandra Viñas, dei Supermercados Peruanos (Spsa) è venuta a Tuttofood: «Nel mio Paese c’ grande interesse per la pasta e i sughi pronti, quelli che vengono prodotti da noi non sono assolutamente all’altezza». I prezzi? «Per la pasta li considero competitivi – dice – per l’olio d’oliva invece no, quello italiano è troppo caro, in Spagna costa meno». A Tuttofood ha messo gli occhi su una confezione di gnocchi che si conserva fuori frigo: «Questo prodotto mi interessa molto – dice – i peruviani vanno matti per gli gnocchi ma li trovano solo a ristorante, perché quelli freschi nei supermercati non li vendiamo poiché costano troppo».

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