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Era considerato il padre della finanza comportamentale e il capostipite di una disciplina che nel corso degli anni ha allargato sempre più il suo raggio di azione. Daniel Kahneman è scomparso all’età di 90 anni. Nel 2002 aveva vinto il Premio Nobel per L’Economia, primo psicologo a ottenere questo riconoscimento. Il suo lavoro, insieme all’altro psicologo e amico Amos Tversky, aveva messo in dubbio lo stesso concetto di razionalità alla base dei processi decisionali, ribaltando i presupposti che avevano dominato l’economia per decenni, con ad esempio la definizione di homo oeconomicus, così definito da Schumpeter. Kahneman era “lo psicologo vivente più influente al mondo”, ha detto al Guardian nel 2014 il professore dell’Università di Harvard Steven Pinker. “Il suo lavoro è davvero monumentale nella storia del pensiero”.

Lavorando insieme a Tversky, Kahneman ha isolato i pregiudizi che distorcono il processo decisionale, in particolare l’avversione alla perdita e l’impatto della modalità con cui una risposta è formulata sulla risposta. “Le persone sono progettate per raccontare la migliore storia possibile”, aveva detto in un’intervista del 2012 con l’American Psychological Association. “Non passiamo molto tempo a dire: ’Beh, c’è molto che non sappiamo’. Ci accontentiamo di quello che sappiamo”.

Con la cosiddetta “teoria del prospetto”, Kahneman e Tversky hanno innescato una rivoluzione nella psicologia e poi nell’economia, che fino agli anni settanta dello scorso secolo raramente era stata considerata una scienza sperimentale. Successivamente, l’economia comportamentale ha preso le mosse dalle pubblicazioni dei due psicologi di origine israeliana, quando un gruppo di giovani economisti ha usato le loro intuizioni per sfidare le nozioni classiche di radionalità nelle decisioni.

Nel 2011, Kahneman ha allargato la sua popolarità grazie al bestseller “Pensieri veloci e lenti“ (Thinking, Fast and Slow), in cui ha presentato una visione completa della mente come contenente due sistemi, uno veloce e intuitivo, l’altro lento e più razionale. Nel libro aggiungeva all’analisi dei meccanismi decisionali anche una serie di consigli per prendere decisioni migliori, a partire da: “Riconosci i segnali che indicano che sei un campo minato cognitivo”. In questo senso il suo lavoro stato decisivo per preparare il terreno a Richard Thaler, anche lui psicologo e premio Nobel per l’Economia 2017 per i suoi lavori culminati nel libro Nudge (spintarella) scritto insieme a Cass Sunstein, in cui identifica le modallità con cui le storture nei processi decisionali possono essere corretti dai condizionamenti “positivi” indotti dal contesto.

Daniel Kahneman era nato il 5 marzo 1934 a Tel Aviv, dove sua madre era in visita da parenti. La famiglia viveva in Francia, dove era emigrata dalla Lituania. Suo padre, un chimico ebreo, fu arrestato a causa della sua religione durante la seconda guerra mondiale, poi rilasciato. Dopo la guerra, la famiglia si trasferì in Palestina. Laureato in psicologia presso l’Università Ebraica di Gerusalemme nel 1954, è entrato subito dopo nell’esercito dove è stato assegnato al ramo di psicologia e incaricato di valutare le reclute e le performance dei piloti nelle missioni aeree. Successivamente ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università della California a Berkeley nel 1961 ed è tornato all’Università Ebraica per insegnare nel dipartimento di psicologia.

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