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Notiziario

Gli chef italiani avvertono: la dieta mediterranea e un intero patrimonio culinario e culturale italiano sono a rischio. Sulla stessa linea degli scienziati impegnati nella lotta contro i cambiamenti climatici e le associazioni ambientaliste, in tanti lanciano l’allarme per le conseguenze dell’inazione su clima e tutela della natura. 

Tutto nasce dalla pubblicazione di un rapporto dell’Istituto per la Politica Ambientale Europea (IEEP), un autorevole think-tank europeo sui temi di sostenibilità, che evidenzia come gli effetti dell’aumento delle temperature, del caldo estremo, della siccità e delle intense precipitazioni stiano mettendo a dura prova colture di base come grano, riso, olive e patate. 

Lo studio mette in luce come le pratiche agricole seguite oggi stiano rendendo più vulnerabili i raccolti di alcuni prodotti che sono la base della dieta mediterranea. Sono metodi che indeboliscono gli elementi dell’ecosistema, che potrebbero altrimenti proteggere le colture da questi rischi. E a meno che non vengano adottate quanto prima misure di adattamento al cambio climatico, si prevede che la produzione di grano in Europa nei prossimi decenni possa scendere di oltre il 20 per cento, concretizzando la minaccia per il prodotto italiano per eccellenza, la pasta, e per l’intera gastronomia italiana.

Davide Pezzuto, chef stellato abruzzese che nel 2022 ha ottenuto anche la stella Verde Michelin, come riconoscimento alla sua cucina sostenibile, spiega che “gli ingredienti locali come il grano e l’olio d’oliva sono il cuore pulsante della nostra tradizione gastronomica e della mia cucina. L’olio, in particolare, è la linfa vitale che scorre attraverso ogni piatto, conferendogli un carattere unico e autentico. Puoi avere tutti gli ingredienti che vuoi, ma se non hai l’olio, non hai più niente. Con un semplice pane e olio, invece, hai tutto. La mia anima è nei prodotti locali e sostenibili, ma il cambiamento climatico sta minacciando tutto ciò”, conclude lo chef.

Una preoccupazione condivisa da Antonio Chiodi Latini, chef torinese protagonista di una vera e propria rivoluzione vegetale nel mondo della ristorazione della città: “Essere sostenibili significa innanzitutto avere profondo rispetto per l’ambiente: i suoi cicli, la terra e le materie prime che generosamente dona”. “Il cambiamento climatico”, aggiunge, “sta rendendo l’olio extravergine d’oliva sempre più raro. Le olive richiedono acqua, freddo, umidità, risorse sempre più scarse. Non ci sono più le condizioni stagionali che permettevano a questi frutti di esprimersi al meglio. Lo stesso accade per il grano: entro il 2050 o 2070, ci aspetta una riduzione del 30-40% della produzione, con inevitabili aumenti di prezzo del prodotto di base della cucina italiana: la pasta. Questo mette a rischio produzioni tradizionali e accesso a una sana alimentazione ‘popolare’”. 

“Già adesso – conclude – faccio fatica a trovare ogni giorno le verdure essenziali per il mio menù. Talvolta è necessario ricorrere all’uso di prodotti coltivati in serra, che non hanno lo stesso sapore. La nostra preziosa biodiversità è in pericolo”. 

Concordano con i loro colleghi italiani anche due chef spagnoli, la influencer culinaria Claudia Polo, e lo chef stellato Juan Monteagudo.

Il rapporto IEEP

Secondo il rapporto IEEP entro il 2100 l’aumento delle temperature nella regione del Mediterraneo causato dal cambiamento climatico sarà accompagnato da una diminuzione delle precipitazioni tra il 10% e il 30%. Queste variazioni climatiche influiranno notevolmente sulle risorse idriche e sulle condizioni del suolo, con conseguenze dannose sui raccolti di olive. 

Già nel 2022, il raccolto di olive nell’Unione Europea è stato il più basso registrato dal 2000, con una diminuzione della produzione di 4,6 milioni di tonnellate rispetto all’anno precedente. Il prezzo dell’olio d’oliva in Italia negli ultimi quattro anni è schizzato alle stelle, e gli episodi di siccità hanno causato una riduzione della produzione di grano del 20,6%, evidenziando la vulnerabilità dei raccolto alla scarsità d’acqua, come è successo nel 2016 in Francia.

“Oltre a olio e grano anche la produzione di patate subirà una drastica diminuzione nel continente europeo entro pochi decenni a causa degli effetti del cambiamento climatico, a meno che non adottiamo urgentemente delle misure di adattamento. Sebbene ci sia ancora incertezza sull’entità esatta delle perdite di raccolto che ci si possono aspettare, una cosa è chiara: le perdite sarebbero inferiori, e potrebbero perfino essere evitate, se venissero messe in atto delle forme di adattamento al cambio climatico”, spiega Melanie Muro, Senior Policy Analyst dell’Istituto per la Politica Ambientale Europea.

Quali misure possono limitare i danni? Ad esempio, dicono gli scienziati, la piantumazione di siepi, la creazione di paesaggi più diversificati e la protezione degli habitat naturali possono migliorare il trattenimento dell’acqua nei campi proteggendoli dalla siccità, aumentare il numero di predatori naturali di parassiti e garantire habitat adeguati per gli impollinatori delle colture, che sono cruciali per la loro sopravvivenza. 

La Nature Restoration Law votata dall’Europarlamento

Nel tentativo di incentivare l’adozione di queste misure, alla fine di febbraio di quest’anno il Parlamento europeo ha votato a favore della Nature Restoration Law, che stabilisce obiettivi specifici per proteggere e migliorare la sostenibilità degli ecosistemi europei. Tuttavia, il voto finale, richiesto dal Consiglio dell’Unione Europea, è stato nuovamente rimandato a causa di manovre politiche dell’ultimo minuto di alcuni Stati membri, tra cui l’Italia.

Chef, organizzazioni ambientaliste, decine di scienziati, esperti, e anche 100 importanti società hanno già firmato appelli a sostegno dell’approvazione della Nature Restoration Law, e sottolineano l’importanza di mantenere viva l’attenzione su questa fondamentale iniziativa legislativa, spingendo per inserirla nell’agenda del prossimo Consiglio Ambiente di giugno, e non venga trascurata nel nuovo quadro che emergerà dopo le elezioni europee. 

Per Marta Messa, Segretaria generale di Slow Food, “la biodiversità è la nostra assicurazione per il futuro. La Nature Restoration Law è la più grande occasione per rigenerare la natura d’Europa e garantire sostenibilità, futuro e benessere ai suoi cittadini. Potenzialmente, è la più grande svolta di sempre nell’opera di conservazione attiva della biodiversità e di vera transizione ecologica”. “La credibilità dell’Europa passa per l’approvazione della NRL – afferma Stefano Raimondi, Responsabile Nazionale Biodiversità di Legambiente – consideriamo positivamente l’impegno di questa legge sul ripristino e il recupero degli impollinatori. Oggi, l’80% degli habitat europei versa in cattivo stato di conservazione e tra le specie particolarmente coinvolte ci sono api, farfalle e impollinatori”.

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