Storie Web domenica, Maggio 19
Notiziario

Elly Schlein ha annunciato che appoggerà la raccolta firme della Cgil per quattro referendum contro il precariato, che cancellerebbero alcune norme del Jobs Act. La sua scelta ha diviso il Pd, ma la segretaria dem non è la prima leader di partito a schierarsi a favore. Ecco chi sostiene il referendum e chi no.

Alla fine, Elly Schlein sottoscriverà la raccolta firme della Cgil per il referendum contro il Jobs Act di Renzi – o meglio, per quattro referendum contro licenziamenti, precariato, contratti a termine e appalti, che abrogherebbero anche alcune delle norme contenute nel Jobs Act. La leader del Pd ha comunicato la sua scelta ieri: “Ho già detto che molti del Pd firmeranno così come altri non lo faranno. Io mi metto tra coloro che lo faranno. Non potrei far diversamente visto che è un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso”, ha dichiarato, aggiungendo che ora il suo partito è impegnato anche su “un’altra raccolta firme, quella per il salario minimo”.

Le divisioni nel Pd dopo la mossa di Schlein

Come ha anticipato la stessa Schlein, la sua è una mossa che dividerà il partito. Dopotutto, il Jobs Act nel 2014 – messo poi in atto nel 2015 e 2016 – fu una riforma del lavoro varata dal Pd di Matteo Renzi, allora capo del governo. Per la segretaria quello fu il momento che segnò la rottura con i dem: nel 2015 lasciò il partito definendo la linea del governo Renzi di “centrodestra”. Ma molti esponenti del Pd che allora erano in carica sono ancora nel partito. Nelle scorse ore, parlamentari come gli ex ministri Lorenzo Guerini e Marianna Madia hanno preso le distanze dal referendum.

Il responsabile Pnrr per il partito, Alessandro Alfieri (vicino a Stefano Bonaccini, che aveva sfidato Schlein per la segreteria del Pd), ha comunque spiegato che “la segretaria non impegna il partito a firmare. Lei agisce coerentemente con la sua storia. Altri di noi pensano si debba guardare al futuro piuttosto che al passato”.

Primo maggio, Schlein e Conte a Portella della Ginestra, leader M5s: “Firmo referendum contro il Jobs Act”

Conte a favore, Renzi e Calenda contrari

È possibile che la decisione di Schlein sia stata spinta anche da quella di Giuseppe Conte, che in occasione del Primo maggio aveva annunciato che avrebbe firmato: “Dignità del lavoro significa avere un lavoro che dà soddisfazione, un lavoro che consenta anche di poter curare gli interessi personali, la vita familiare e affettiva, e consenta la giusta retribuzione. E deve essere la festa anche di chi non ha in questo momento un lavoro e vorrebbe averlo. Se c’è un banchetto firmerò”, aveva detto.

Negli ultimi giorni la raccolta firme ha incassato il sostegno anche di Nicola Fratoianni (Sinistra italiana) e Angelo Bonelli (Europa verde). Chi invece si oppone durante – oltre ai partiti della maggioranza di centrodestra – sono i due principali schieramenti centristi: Azione di Carlo Calenda e Italia viva di Matteo Renzi.

Calenda, che negli anni del governo Renzi fu viceministro e poi ministro allo Sviluppo economico, ha parlato di un “gravissimo errore da parte di Schlein”, che non farebbe altro che “appiattirsi sulle battaglie ideologiche e politiche di Landini”. Per Azione ha commentato anche la deputata Daniela Ruffino: “I riformisti dem sono finiti in una riserva indiana”.

Proprio ai riformisti si è rivolto Matteo Renzi con il suo intervento sui social: “La segretaria del Pd firma per abolire una legge voluta e votata dal Pd. Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel Pd?”. Raffaella Paita, coordinatrice di Iv, ha aggiunto: “La scelta di Schlein certifica ufficialmente il compimento definitivo della deriva grillino populista del Pd”.

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