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“Con il nuovo Patto migrazione e asilo Ue non si supererà il Trattato di Dublino come sostiene il governo. Aumenterà la detenzione, i rimpatri saranno pochi e i diritti dei migranti violati. Per l’Italia non sarà un successo”, lo dice a Fanpage.it, Eleonora Celoria dell’Associazione studi giuridici per l’immigrazione.

“Non è vero che – come ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani – con il nuovo Patto migrazione e asilo approvato dall’Unione europea il Trattato di Dublino può dirsi definitivamente superato. In realtà, cambierà molto poco”, così Eleonora Celoria, socio di Asgi (l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), in un’intervista a Fanpage.it, spiega che cosa non funziona nel nuovo pacchetto di regole con cui Bruxelles vuole riformare le politiche migratorie in Europa.

Che cosa cambia davvero con il nuovo Patto migrazione e asilo Ue e perché non è efficace

Per quanto riguarda la gestione delle domande d’asilo da parte degli Stati di primo approdo, “non cambierà nulla perché resta l’impianto del regolamento Dublino”, spiega Celorio. Eppure lo stesso ministro degli Esteri Antonio Tajani ha salutato con entusiasmo il nuovo accordo definendolo “il migliore compromesso per superare la stagione di Dublino”. “In realtà non è così”, ribadisce Celoria, “i Paesi di frontiera come l’Italia continueranno, infatti, a farsi carico della responsabilità di valutare le domanda d’asilo delle persone migranti”.

Il principale elemento di innovazione consisterà nel cosiddetto “meccanismo di solidarietà obbligatorio e flessibile” introdotto dalle nuove norme. “Solo il nome è un controsenso”, commenta Celoria. “Si chiama obbligatorio perché tutti gli stati dovranno in qualche modo contribuire, ma resta flessibile perché ogni Paese decide poi come assicurare il supporto agli stati più interessati dall’arrivo di migranti”. Nei casi di intenso flusso migratorio verso Paesi di frontiera come l’Italia, gli altri Stati membri potranno scegliere se accogliere i richiedenti asilo sul proprio territorio oppure offrire un aiuto economico, ma non è previsto alcun meccanismo di ridistribuzione obbligatoria.

Perché le Ong che difendono i diritti dei migranti hanno criticato il nuovo Patto sull’asilo dell’Ue

“La possibilità di dare un contributo finanziario anziché procedere con la ridistribuzione farà sì che chi arriverà in Italia molto probabilmente non verrà ricollocato altrove”, spiega Celoria. Tale aiuto economico potrà poi essere utilizzato dagli Stati più interessati dai flussi per il controllo delle frontiere esterne o per il rafforzamento delle procedure di esternalizzazione, ovvero quell’insieme di politiche volte a impedire alle persone straniere di lasciare i loro paesi e attraversare le frontiere. Per Asgi, “non è una soluzione efficace. I numeri finora ci dicono che tutto lo sforzo rivolto a progetti di controllo dei confini negli stati terzi non ha funzionato. Non solo sul piano delle violazioni dei diritti delle persone migranti ma anche in termini numerici. L’Italia nel 2023 – lo stesso anno in cui ha firmato il memorandum d’intesa con la Tunisia –  ha visto un numero di ingressi molto elevato rispetto agli anni precedenti”.

Con le nuove regole ci saranno più detenzioni che rimpatri: “I diritti dei migranti verranno violati”

Il nuovo pacchetto di regolamenti varati da Bruxelles si propone di accelerare lo screening alle frontiere e la gestione delle domande d’asilo. “Se fino ad oggi la regola era quella dell’accoglienza, d’ora in poi diventerà la detenzione”, commenta Celoria. “La procedure di asilo dovrebbero svolgersi sul territorio degli Stati di approdo sulla base di un principio generale, ovvero l’accoglienza e la libertà di circolazione sul territorio dei migranti. Con il nuovo Patto la priorità diventa fermare i richiedenti asilo alle frontiere e garantire che le persone non circolino sul territorio. Ma per fare ciò lo Stato ricorrerà alla detenzione in grandi centri in frontiera con gravi conseguenze sui diritti delle persone migranti che verranno violati”.

Per Asgi le procedure più rapide aumenteranno anche il rischio di respingimenti. “I richiedenti trattenuti in frontiera avranno meno accesso all’assistenza legale, agli operatori sociali, alla società civile e così sarà più difficile esaminare a fondo la loro domanda. Si tratta di una violazione del principio di non-refoulment, che vieta di respingere una persona prima di avere valutato con attenzione la sua richiesta d’asilo”, dice Celoria. Insomma se sulla carta i regolamenti continuano a riconoscere i diritti dei migranti, nella pratica sarà difficile garantirli.”Se un migrante non ha contatti con nessuno, magari nemmeno con un interprete della sua lingua, come racconterà la sua storia? È preoccupante.”

La riforma del regolamento Eurodac, inoltre, consentirà di raccogliere i dati biometrici (come le impronte digitali) dei migranti a partire dai 6 anni di età, nonostante il Regolamento sulla protezione dei dati personali (Gdpr) richiede che il minore abbia almeno 16 anni. “In base al nuovo regolamento quelle impronte potranno esser usate per fare controlli incrociati attraverso una serie di banche dati tra cui Europol che si occupa della commissione di reati. Come si riuscirà a informare adeguatamente i richiedenti asilo al momento dello sbarco? La loro privacy sarà violata”, osserva Celoria.

Rispetto al tema dei rimpatri, su cui il governo Meloni insiste da tempo, secondo Asgi il nuovo Patto “non rappresenterà un successo per l’Italia. I rimpatri vengono fatti solo nei paesi in cui ci sono accordi, come la Libia, negli altri casi no. Quindi una volta concluso l’esame della domanda d’asilo, chi vedrà respinta la richiesta resterà irregolare nel nostro paese”, spiega Celoria. “Per rispettare le procedure l’Italia dovrà aprire nuovi centri di detenzione attorno ai quali esiste un vero e proprio business”.

Cosa avrebbe dovuto fare l’Ue con il Patto migrazione e asilo

Per Asgi, l’Unione europea “avrebbe dovuto considerare la volontà delle persone migranti, esattamente come fa in ambiti come l’agricoltura, e i legami sociali e culturali dei richiedenti asilo per consentire loro di raggiungere le loro famiglie negli altri paesi d’Europa. Le procedure di detenzione invece finiranno per avere un impatto devastante sulle comunità di arrivo dei migranti. Un conto infatti, è avere persone che gradualmente si inseriscono nel tessuto sociale dei paesi in cui arrivano, ben diverso è fermare in frontiera delle persone, non rimpatriarle e infine lasciarle irregolari sul territorio. Ci saranno più sfruttamento e più tensioni”, ribadisce Celoria. “Dopo i danni fatti, a questo punto, non mi auspico un nuovo intervento dell’Ue”, conclude .

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