Storie Web martedì, Maggio 21
Notiziario

Sfide per Brasile e Corea

L’altro Paese sul quale scommettono i gestori è il Brasile, dove la banca centrale ha ampio spazio per tagliare i tassi e sostenere l’economia. «Brasile e Messico, che avevano avviato una politica monetaria molto restrittiva durante il Covid, – aggiunge Buffa – oggi sono in vantaggio e stanno già tagliando i tassi di interesse con ampio margine di manovra per ridurli ulteriormente. Le valutazioni sono contenute e i conti con l’estero sono migliorati».La Corea, infine, è alle prese con una serie di sfide, specialmente quella demografica, e la sfida con la vicina Cina dove i salari sono più bassi ed erodono profittabilità in alcune aree manifatturiere. «Tuttavia, con la strategia Value Up proposta (misure volte a migliorare l’attrattività del mercato azionario coreano simili a quelle intraprese con successo in Giappone negli ultimi 10 anni) – conclude Bourke – notiamo segnali di cambiamento evidente poiché gli azionisti si rendono conto della necessità di ottenere rendimenti migliori per i risparmiatori locali che devono affrontare l’esigenza della pensione».

I rendimenti offerti da prodotti di risparmio gestito

I RENDIMENTI DEI FONDI SPECIALIZZATI

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Investire con fondi comuni

Chi vuole investire nei mercati emergenti, a fronte di un potenziale buon rendimento, non può prescindere da alcuni fattori: 1) su tutti i mercati, ma in questi ancora di più, non ci si improvvisa ed indispensabile una conoscenza specifica delle singole aree; 2) gli emergenti sono mercati sui quali è bene avere un lungo orizzonte d’investimento; 3) la volatilià e la vulnerabilità spesso sono una costante e possono giocare un ruolo determinante nelle scelte di allocazione. A titolo di esempio si vedano i risultati (i dati sono riportati nella tabella ) dei prodotti di risparmio gestito specializzati nei mercati emergenti monitorati da Morningstar (circa 420 fondi) che hanno più di cinque anni di vita.

Nel confronto (i migliori cinque rispetto ai peggiori cinque) è evidente la differenza: i migliori a cinque anni (Evli Emerging Frontier B e State Street Emerging Market Small Cap Esg) hanno realizzato rispettivamente un +107% e un +75,4%). Al contrario i peggiori (MainFirst Emerging Market Credit Opportunities e Vontobel Emerging Markets ) sono a -45% e -31,5%. Quindi, anche per chi ha una buona capacità di sopportare certi rischi, diventa opportuno investire in questi mercati con fondi specializzati. Vale poi la buona regola di dedicare una solo quota parte in base al proprio profilo.

Scelte tattiche e strategiche: parola all’esperto

Scelte strategiche e tattiche sono indispensabili per la buona riuscita come ricorda Luca Simoncelli, investment strategist di Invesco. «A livello strategico in funzione della costruzione dei nostri portafogli in un orizzonte di 5/10 anni pensiamo che investire negli emergenti (tutto oltre la Cina) presenti un rapporto rischio/rendimento ancora positivo per una minore ciclicità – sottolinea l’esperto – a livello più tattico dobbiamo calibrare le scelte in funzione dell’effetto dollaro che, per via di tassi d’interesse ancora elevati, continua a mantenere la valuta molto forte, ed è oggi il fattore chiave che più può generare delle frizioni sulla parte finanziaria di alcune economie. L’idea che la valuta statunitense ancora per molti mesi continui ad irrobustirsi a danno delle valute locali ha portato proprio in questi giorni la decisione della Bank of Indonesia ad alzare i tassi per supportare la valuta locale». Come spiega il gestore il fattore dollaro è il principale elemento da tener presente nelle scelte tattiche di breve periodo.

«Tuttavia, le fasi di volatilità come queste sono spesso legate alla capacità di essere selettivi su titoli che in un contesto di deflusso dai mercati emergenti verso il dollaro e/o verso asset class di qualità possono rivelarsi meno rischiosi. Inoltre, ci sono mercati emergenti a diverso “beta” (sensitività dei mercati emergenti ai mercati globali). Quelli con beta più elevato sono quelli più sensibili al ciclo delle materie prime (Brasile) e al ciclo tecnologico (Corea Taiwan) mentre altri come l’India sono meno impattati dal fattore dollaro perché la crescita è tutta legata alla progressione dell’economia interna».

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