Storie Web martedì, Aprile 30
Notiziario

Rientra il deficit

«In previsione un rientro del deficit»: nelle previsioni del Csc «l’indebitamento netto della pubblica amministrazione si attesta al 4,4% del Pil nel 2024 e al 3,9% nel 2025, sostanzialmente in linea con quanto indicato dal governo nel quadro tendenziale del Documento di economia e finanza (4,3% nel 2024 e 3,7% nel 2025)». E’ «positiva» nelle previsioni la dinamica delle entrate: «Le entrate complessive si attestano al 46,8% del Pil nel 2024 e salgono al 47,3% nel 2025, registrando una crescita nominale più lenta quest’anno (+0,7%) e più marcata il prossimo (+4,0%)”.

Il «driver» del taglio dei tassi

Nel biennio di previsione 2024-2025, oltre al miglioramento della domanda globale che darà nuovo impulso all’export, due fattori potranno sostenere ancora la crescita italiana su ritmi significativi. Il primo è il taglio dei tassi di interesse da parte della Bce.

Negli ultimi comunicati ufficiali, è divenuto evidente che la Bce non sta più pensando a ulteriori rialzi e intravede l’inizio di una fase di tagli. Lo scenario di previsione segue queste indicazioni: al primo taglio a giugno, ne seguiranno altri tre entro fine anno, ipotizzati di un quarto di punto ciascuno, arrivando al 3,50%, un punto meno di oggi; nel 2025 seguiranno altri tre tagli, fino al 2,75%. A tali livelli, la policy monetaria continuerà ad essere (poco) restrittiva a fine orizzonte previsivo, in misura molto più limitata rispetto ad oggi. Ciò potrà dare maggiore slancio agli investimenti e anche ai consumi.

«Pnrr determinante per la crescita»

Il secondo driver di crescita nel biennio di previsione è, nell’analisi del Csc, l’attuazione del Pnrr che sta entrando nel vivo: nel 2024 e 2025, infatti, l’ammontare delle risorse del Piano da spendere per investimenti e riforme è pari rispettivamente a 42 e 58 miliardi di euro, cioè oltre 2 punti di PIL all’anno, 100 miliardi nel biennio. «Sebbene sia difficile fare delle ipotesi precise sugli impatti complessivi che le risorse del Pnrr, da poco rimodulato dal Governo – sottolinea il Centro studi di viale dell’Astronomia -, avranno sulla crescita dell’economia, perché mancano informazioni proprio su vari aspetti della rimodulazione, la spinta al Pil di una piena attuazione del Piano sarà in ogni caso molto forte, determinante per tenere alta la crescita italiana».

Costo dell’energia freno alla crescita

Ci sono vari fattori che tenderanno invece a frenare il Pil italiano nel biennio. «Primo freno il costo dell’elettricità pagato dalle imprese resta più alto in Italia rispetto ai principali paesi Ue e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali come Usa e Giappone. Tutto ciò crea uno svantaggio competitivo per le imprese italiane: una riforma del mercato elettrico e una maggiore quota di rinnovabili nella generazione elettrica, visto che oggi hanno costi inferiori alle fonti fossili, potrebbero attenuare i costi dell’energia in Italia e ridurre (sebbene non eliminare) la dipendenza estera».

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