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Notiziario

La Procura di Milano ha indagato anche le due ex direttrici del carcere Beccaria, che non avrebbero impedito o denunciato le torture verso i minori detenuti. Nel frattempo, però, una è diventata direttrice dell’istituto penitenziario di Monza, l’altra è andata a dirigere un ufficio a Roma. Chi ha denunciato, invece, torna a svolgere le mansioni di prima.

La Procura della Repubblica di Milano ha deciso di indagare anche sulle due precedenti direttrici del carcere minorile ‘Cesare Beccaria’ di Milano: Maria Vittoria Menenti e Cosima Buccoliero. I magistrati milanesi sospettano infatti che non abbiano fatto nulla per evitare, sanzionare e denunciare i pestaggi e le sevizie, di cui erano a conoscenza, che gli agenti della polizia penitenziaria hanno perpetuato per oltre due anni a danno dei giovani detenuti. Secondo l’articolo 40 del codice penale “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

A riferire dell’iscrizione nel registro degli indagati di Menenti e Buccoliero è il quotidiano La Stampa, ma in realtà già leggendo gli atti dell’ordinanza di custodia cautelare per tredici poliziotti penitenziari e la sospensione dai pubblici uffici per altri 8, sorgeva spontaneo il dubbio di come fosse possibile che i vertici dell’istituto carcerario non si fosse mai accorti di quanto successo all’interno del Beccaria.

In un’occasione, ad esempio, dopo un’aggressione la dottoressa Menenti ha visto uno dei ragazzi “steso a terra davanti all’ufficio del capoposto, ancora ammanettato e sanguinante in volto”“intimava agli assistenti di togliergli le manette e ne disponeva l’invio in infermeria”. Ma probabilmente per la legge doveva fare molto di più, che invece – stando agli atti – non avrebbe fatto. Non a caso la procuratrice aggiunte Letiza Mannella e le sue due sostitute Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena sono convinte che il sistema di torture nel Beccaria “ha avuto il suo principale fondamento nel contributo concorsuale omissivo e doloso di una serie di figure apicali”, fra le quali – appunto – le due ex direttrici.

Torture al Beccaria, gli agenti hanno anche depistato le indagini sulla violenza sessuale su un giovane detenuto

Non a caso la situazione sembra essere radicalmente cambiata con l’arrivo, a dicembre del 2023, del nuovo direttore, Claudio Ferrari. I primi ad accorgersene sono stati proprio i poliziotti attualmente accusati delle torture, che fra di loro si lamentavano del fatto che lui no fosse d’accordo con i loro pestaggi e quindi non li coprisse: “Ma zio, ma dice che sta prendendo provvedimenti seri”, si sente in un’intercettazione e l’altro risponde: “Si sta scaricando le telecamere e tutto”. E poi ancora: “Ma questo veramente sta a fa’ fratè…”. “Zio ti giuro. Sta scaricando le telecamere per andare contro Giova. Ho detto ma questo è scemo proprio”.

“Praticamente – riferisce la Procura – i due indagati si stupiscono che il nuovo direttore ‘vuole fare sul serio’ e vuole acquisire le immagini delle telecamere che riprendono i pestaggi; anziché proteggere loro si preoccupa di un “marocchino di me**a”.

Ma Ferrari non è l’unico che denuncia, non è l’unico ingranaggio che interrompe il sistema criminale. Accanto a lui c’è Manuela Federico, la nuova comandante della Polizia penitenziaria presso il Beccaria. Una che, sempre secondo uno degli indagati, “non guarda in faccia nessuno”. E – riferisce la procura – secondo gli agenti “in relazione a quelle dinamiche non farà finta nulla e che prima di andar via rovinerà qualcuno”. A differenza del suo predecessore, Francesco Ferone, che invece è fra gli indagati.

Eppure, nonostante questo o, forse, proprio per questo motivo, la comandante Federico non è stata confermata al suo posto. Lascerà il Beccaria per tornare negli uffici per l’Esecuzione penale esterna e quindi, di fatto, non occuparsi di chi chi sta in carcere e di come vengono trattati dai suoi agenti. Al contrario di Cosima Buccoliero, che è diventata direttrice del carcere di Monza ed è stata candidata come capolista alle ultime elezioni regionali dal Partito democratico. E al contrario anche di Maria Vittoria Menenti , che indecente è diventata la dirigente del’Ufficio interdistrettuale esecuzione penale esterna a Roma.

Il dubbio, quindi, che faccia più carriera chi nasconde i pestaggi invece di chi li denuncia alimenta il sospetto che questo sistema abbia protezioni ancora più in alto. O che comunque sia gradito anche a livello nazionale.

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