Storie Web sabato, Aprile 27
Notiziario

Il giocatore dei Golden State Warriors ha perso di nuovo il controllo, scagliandosi contro l’arbitro per un fallo che riteneva ingiusto. Era rientrato da poco dopo essere stato riammesso dalla NBA in seguito alla sospensione a tempo indeterminato.

Draymond Green ci è cascato ancora una volta: ha perso il controllo, cedendo alla rabbia che gli esplode dentro e lo mette di nuovo nei guai. Tre minuti e 36 secondi, tanto è durata la sua partita contro Orlando Magic. Sono bastati per protestare, sbraitare e mandare a quel paese l’arbitro fino a quando non è stato allontanato dal campo lasciando i Golden State Warriors a sbrigarsela da soli in un momento delicato della stagione di NBA.

La franchigia di San Francisco ha vinto ma il successo è macchiato dall’amarezza per le reazioni del giocatore che ha tanto talento quanta sregolatezza: con lui in campo non sai mai cosa può succedere e, soprattutto, se riuscirà o meno a chiudere un match senza incorrere in provvedimenti disciplinari anche molto gravi.

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Nemmeno l’intervento di Steph Curry è riuscito a placarne l’animo accalorato (anche troppo) con il quale s’è scagliato contro uno degli ufficiali di gara per un fallo fischiato al compagno di squadra, Andre Wiggins, su Paolo Banchero.

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Green è uscito imprecando, un’immagine divenuta una abitudine malsana. A metà novembre scorso era stato squalificato per 5 partite per aver quasi strangolato il francese Rudy Gobert, un mese dopo venne addirittura sospeso a tempo indeterminato per un pugno rifilato a Jusuf Nurkic.

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Sono solo alcuni degli episodi di una carriera turbolenta e furibonda del cestista due volte campione del mondo con il Team Usa (2016, 2021): basta andare un po’ a ritroso nel tempo, nemmeno tanto, per rivederlo fuori dagli ultimi playoff per aver utilizzato un avversario a mo’ di zerbino (lo ha calpestato), colpito un compagno di squadra in allenamento nella scorsa stagione e per ‘vivace scambio di opinioni’ su LeBron James.

Martedì notte Green se l’era già cavata per un intervento su Patty Mills (lo aveva cinturato al collo) di Miami: fu punito con un fallo tecnico e non un flagrant (eccessivamente violento e non necessario) per il quale avrebbe rischiato anche l’espulsione. Ma contro Orlando gli è andata male: gli sono saltati i nervi per quella decisione che riteneva ingiusta e ha beccato due richiami in pochissimo tempo.

Curry era lì, vicino a lui. Ha provato anche a mediare: gli ha consigliato di smettere di urlare e di lasciar perdere, ha cercato di portarlo via da quel faccia a faccia. Tutto inutile… aveva già capito come sarebbe andata a finire. Green era partito e non c’era modo di fermarlo. E quando è uscito dal campo per il provvedimento disciplinare Curry s’è sentito frustrato, versando lacrime di rabbia.

“Abbiamo bisogno di lui. Lui lo sa – ha ammesso nel dopo gara -. Gliene ho parlato tante volte e continuerò a parlargli da compagno di squadra e da amico. Dobbiamo fare tutto il possibile per tenerlo in campo… soprattutto in questo periodo dell’anno”.

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