Storie Web martedì, Aprile 30
Notiziario

L’Ingv replica al documentario di Rsi, la tv svizzera, intitolato “Napoli, il supervulcano che minaccia l’Europa” su una possibile eruzione dei Campi Flegrei.

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“Informazioni non basate sui dati”. Così l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha replicato al documentario della televisione svizzera Rsi intitolato “Napoli, il supervulcano che minaccia l’Europa” andato in onda lo scorso 4 aprile e diventato virale nelle ultime ore, quando il servizio ha iniziato a fare il giro d’Italia, citato e riportato dai media nostrani. Nel documentario, viene mostrata una esplosione dei Campi Flegrei che distruggerebbe Napoli, destinata a “scomparire sotto trenta metri di materiale vulcanico“.

Le immagini della ricostruzione di questa possibile eruzione mostrano la città travolta dalle nubi piroclastiche, che arrivando da ovest travolgono Piazza Plebiscito e tutta Napoli, lasciando di fatto solo la zona collinare emergere su una enorme distesa di cenere, con l’avviso che “il rischio di una grande eruzione potrebbe avere conseguenze devastanti per l’intera Europa“. Uno scenario verso il quale però l’Ingv ha voluto ribattere. L’Instituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che appare comunque nel documentario attraverso le dichiarazioni di alcuni suoi scienziati, ha voluto infatti commentare con una lunga nota stampa il documentario ripreso da tutta la stampa italiana:

Si tratta di una informazione non basata su dati, e che ignora completamente tutte le importanti attività scientifiche e di pianificazione che hanno visto, e ancora vedono, scienziati e Protezione Civile lavorare fianco a fianco per gestire al meglio delle conoscenze la pericolosità vulcanica ed il relativo rischio di una delle aree più antropizzate al mondo.

Questo perché, spiegano dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, differentemente da quanto raccontato nel documentario, “nessuna delle 70 eruzioni avvenute nell’area negli ultimi 15.000 anni, dopo il collasso calderico del Tufo Giallo Napoletano, si avvicina neanche lontanamente allo scenario rappresentato nel documentario e pubblicato su alcune testate giornalistiche, ignorando informazioni ben note e continuamente consultabili sul nostro sito”.

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Nella nota, l’Ingv ha anche sottolineato come si tratti di un’area sulla quale vige un monitoraggio costante, e che lo scenario “con la più alta probabilità di accadimento è quello di una eruzione piccola, come avvenuto per l’eruzione di Monte Nuovo del 1538”, mentre una eruzione come quella ricostruita dal documentario svizzero “è bassissima”, in quanto “perché si verifichino queste eruzioni di grandissima scala è necessario che una enorme quantità di magma entri nel sistema. Questo genererebbe dei segnali macroscopici che non sfuggirebbero né al nostro sistema di monitoraggio, ma neanche a chi vive nell’area”. Ed infine, conclude la nota:

Comprendiamo che il sensazionalismo e l’allarmismo attirano l’attenzione e i click sul web. Ma noi non ci stiamo, come dimostrano le dichiarazioni di ben altro tono rilasciate dal nostro personale nel corso del documentario. Le informazioni fornite dai media su argomenti così rilevanti per la vita quotidiana delle persone devono essere contestualizzate e supportate da dati sperimentali e dalle relative incertezze. Informazioni, tra l’altro, pienamente consultabili sulle nostre pagine web. Il resto sono opinioni, e anche se dette da stimati colleghi stranieri, restano opinioni. I dati, al momento, dicono altro. Il sistema di monitoraggio, quello di sorveglianza e la pianificazione in emergenza non si costruiscono sulle opinioni.

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