Storie Web martedì, Aprile 30
Notiziario

I casi di molestie nella realtà virtuale sono aumentati negli ultimi anni. Man mano che la tecnologia avanza diventerà tutto più realistico, anche le aggressioni.

Intervista a Valentina Fiorenzi

Avvocata esperta di diritti digitali

Non è reale, ma per le vittime non è nemmeno qualcosa di così lontano dalla realtà. Quando tre uomini hanno attaccato Nina Jane Patel palpandole il seno, il suo corpo ha risposto, nonostante le mani virtuali stessero toccando il suo avatar. Con l’aumento dei programmi per la realtà virtuale stanno crescendo anche le segnalazioni per le aggressioni nel Metaverso. Secondo uno studio del 2018, il 49% delle donne che sono entrate in mondi virtuali ha subito almeno un caso di molestie sessuali.

E i numeri sono destinati a crescere. Il tema sta aprendo nuovi interrogativi in ambito legale e sociale. A gennaio l’Interpol ha invitato le forze di polizia globali a sviluppare protocolli per affrontare i crimini commessi in realtà virtuale, compresa la violenza sessuale. “Con il suo utilizzo crescente e il numero di partecipanti”, ha scritto nel rapporto, “è necessario definire ciò che costituisce un crimine e un danno nel Metaverso”.

Le molestie nel mondo digitale possono avere un profondo impatto psicologico sulle vittime. La natura immersiva e la connessione con il proprio avatar possono restituire un senso di realtà. I ricercatori usano infatti il termine “incarnazione” per descrivere il rapporto tra una persona e il suo avatar digitale. Eppure potrebbe non essere così semplice perseguire le molestie e gli abusi nel mondo virtuale.

Violenza nel metaverso, la polizia avvia la prima indagine per abusi sessuali nella realtà virtuale

Le leggi per la violenza sessuale chiedono infatti che sia verificato un contatto fisico. Per capire meglio abbiamo chiamato Valentina Fiorenzi, avvocata esperta di diritti digitali.

Partiamo subito dalla domanda più complessa. È possibile perseguire penalmente le molestie e le violenze sessuali nel Metaverso?

Eh, è molto difficile parlando di legge italiana. Le prime segnalazioni sono arrivate da soggetti stranieri, per esempio la ricercatrice Nina Jane Patel. Al momento è aperta anche un’indagine in Inghilterra, sembra però che all’estero, come in Italia, ci siano diversi problemi dal punto di vista penalistico.

Ecco le leggi che regolano lo stupro e le violenze sessuali richiedono che ci sia un contatto fisico, e quindi anche se in teoria potrebbero essere applicabili, i reati sarebbero difficili da dimostrare. 

E sì, ma anche perché a monte dobbiamo cercare di comprendere cosa è stato violato, e soprattutto che cos’è l’avatar della persona. Per molti è una rappresentazione, ma quali caratteristiche della singola persona ha? Dobbiamo essere certi che l’avatar abbia dei connotati per cui il comportamento del presunto aggressore sia effettivamente punibile.

Connotati, tipo?

Il punto cruciale è questo: l’avatar può essere soggetto di reato attivo e passivo? Normalmente per una violenza sessuale è necessario identificare i soggetti, nel caso dell’avatar come funziona? Questo rimane un interrogativo aperto al momento, e non è una cosa di poco conto. Un’altra domanda che poi dobbiamo farci è: gli elementi della norma, parlo di diritto italiano, oggettivo e soggettivo, si sono manifestati?

Spiegati meglio. 

L’avatar X ha coscienza e volontà di star compiendo un reato e di voler costringere quella persona a fare qualcosa? Questi reati subito ci indignano perché sono atteggiamenti deprecabili e odiosi, ma non dobbiamo farci prendere dalla pancia, e se dobbiamo considerare la punibilità di un certo tipo di azione nel Metaverso dobbiamo parametrarla ai principi di diritto. Ripeto, credo che la questione centrale sia capire cos’è quest’avatar. Io non escludo che tra un po’ di anni questo reato si possa applicare nel Metaverso, rimangono però molte questioni da chiarire.

A proposito di questioni da chiarire. Gli utenti nei videogiochi e nel mondo virtuale si uccidono, ma non vengono considerati assassini, cosa c’è di diverso?

Sicuramente il contesto, perché se io vado a giocare nel videogioco di guerra, fa parte del gioco ammazzare i nemici, quindi il contesto è quello.

Sì, direi contesto e consenso. 

Esatto. Perché io so che mi possono ammazzare e che posso ammazzare, è la volontà delle parti, diverso è se io vengo molestata, violentata in un contesto in cui non me lo aspetto, non lo voglio e non lo cerco. L’ultimo caso se non sbaglio è avvenuto proprio durante una festa nel Metaverso. In situazioni del genere io non mi aspetto di subire una violenza. Non solo, c’è poi un altro problema.

Quale?

Se io sono alla festa e qualcuno si avvicina per molestarmi, io mi posso distaccare? Posso spegnere?

Teoricamente sì. 

Ecco dal momento in cui ho questa possibilità, bisogna chiarire anche come funziona il consenso in queste situazioni.

In una frazione di secondo però qualcuno mi può palpare, e anche se mi disconnettessi sarebbe troppo tardi. 

Certo, in questo caso funziona allo stesso modo della violenza dal vivo, l’atto fuggevole non lo puoi impedire. Cambia in altre situazioni dove l’utente può staccarsi. A quel punto è difficile capire come fa il giudice a decidere.

Spesso nel mondo reale la vittima non si ribella perché rimane paralizzata, potrebbe succedere anche nel Metaverso?

Certamente, bisogna però considerare delle specificità del contesto fisico, in cui l’aggressore ha un ascendente su di me, posso per esempio avere paura a scappare perché poi mi prende, o c’è appunto l’aspetto coercitivo. Ecco, questa cosa la possiamo traslare nel mondo digitale? Forse servirebbe un esperto per capire come funziona, e se quel tipo di paura e reazione è paragonabile a quella vissuta nel mondo reale.

C’è poi un altro problema. Man mano che la tecnologia avanza diventerà tutto più realistico, anche le violenze. Guardando al futuro non avrebbe senso giocare d’anticipo?

Questo è un problema enorme. È chiaro che chi costruisce questa tecnologia dovrebbe tenere in considerazione anche i possibili reati.

Quindi mettere dei paletti proprio nell’architettura del programma. 

Sì, perché è inutile che io dica che non si può fare qualcosa se poi la macchina permette di farla. È chiaro poi che non bastano i paletti tecnologici ma anche quelli legati alla giurisdizione.

E qui torniamo alla domanda iniziale. 

Eh, non è semplice capire se saranno perseguite penalmente le molestie e le violenze sessuali nel Metaverso. Da giurista dico dipende. Sicuramente la normativa deve considerare le istanze della società, e rendersi conto se ha senso nel contesto sociale punire una determinata azione. Io personalmente non sono favorevole alla nuova normazione continua. La norma ce l’abbiamo, è generale e astratta, e potrebbe essere applicata a quel tipo di situazione.

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