La tornata di sfilate parigine che si è conclusa ieri, martedì 11 marzo, ha confermato quanto sia cruciale una visione chiara per far arrivare il messaggio al pubblico, ai clienti. Sembra una flagrante ovvietà, eppure si sono visti troppi fritti misti indigesti.
Da Saint Laurent, però, Anthony Vaccarello ama essere dritto e conciso, senza tema di ripetersi: «La sfilata è una operazione di immagine, deve creare impatto. Non mi interessa toccare troppi tasti», dice nel backstage, commentando una collezione ancora più ridotta del passato, fatta di silhouette al ginocchio, spallute e con la vita segnata in basso, con la sorpresa finale di abiti da ballo, a vita bassa anch’essi, indossati da soli o con un perfecto.
Il design è così martellante, il look così privo di decorazioni, che tutta l’attenzione si concentra sui materiali nervosi ed elastici, sulle pelli plongé, sulla palette sontuosa di arancioni bruciati, rossi desaturati e viola mescolati in infinite varianti. È una interpretazione degli anni Ottanta di forte impatto ma monocorde, che appare fedele a Monsieur Yves ma anche toccata dal gusto architettonico del primo Gianfranco Ferrè.
Le idee di Miuccia Prada su Miu Miu sono cristalline. Ha creato una ricetta che accende il desiderio, come testimoniano le performance al botteghino. Usa ingredienti familiari per sfornare ogni volta piattini diversi, interessata più al come che al cosa. Adesso, suggerisce di rovistare nel guardaroba del nonno e della nonna alla ricerca di sempiterni simboli di femminilità e mascolinità – stole di pelliccia, spille, reggiseni appuntiti, cappotti di tweed, e via andare – per capovolgerne completamente il classicismo combinandoli in modi che gli avi troverebbero indecenti, inaccettabili, disordinati.
Pervertire la tradizione è qualcosa che la signora fa sempre da Miu Miu, ma questa stagione il gioco raggiunge nuove vette: «C’è un senso di tensione e ansia oggi, e di paura. Volevamo davvero creare eleganza dal nulla – attraverso la quotidianità, attraverso manipolazioni di pezzi semplici», spiega. Lo show, con un cast multigender, è attraversato da un potente sottotesto di travestitismo e cosplay che provoca vertigine, come ad entrare in un Untitled Film Still di Cindy Sherman. Piace l’idea di fare con poco, di cucinare con gli scarti.