Storie Web giovedì, Marzo 13
Notiziario

Solo il 30% dei dipendenti statali potrà avere il massimo delle valutazioni – e quindi del premio in busta paga – da parte dei propri dirigenti. In più, partirà un nuovo metodo per scegliere i dirigenti senza concorso. Sono le novità del nuovo disegno di legge, cosiddetto ddl Merito, varato oggi in Cdm dal governo Meloni.

Novità in arrivo per i dipendenti statali: il nuovo ddl Merito – così chiamato perché la sua intenzione dichiarata è quella di premiare i più ‘meritevoli’ tra i lavoratori nel pubblico – è stato approvato dal governo Meloni in Consiglio dei ministri. All’interno del ddl sono soprattutto due le novità: un nuovo meccanismo per i premi in busta paga (che limita la quantità di valutazioni ‘eccellenti’ da parte dei superiori) e un sistema per la promozione a dirigente senza passare da concorsi.

Ora il disegno di legge passerà al Parlamento, che potrà modificarlo e poi approvarlo, senza scadenze temporali. “Passiamo da un approccio ‘burocratico’ della valutazione e misurazione della performance a uno per ‘obiettivi’, in cui contano i risultati raggiunti. Si tratta di un passaggio fondamentale per motivare le persone, accrescere le organizzazioni e, in questo modo, offrire servizi sempre più efficienti ai nostri utenti, cittadini e imprese”, ha commentato il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo.

Il limite ai premi in busta paga per i dipendenti pubblici

L’obiettivo della misura, si legge in un comunicato del ministero, è “perfezionare l’efficacia della valutazione”. In sostanza, si tratta di un nuovo tentativo di evitare che la quasi totalità dei dipendenti statali riceva dal proprio superiore una valutazione eccellente, di fatto rendendo poco utile il sistema dei premi in busta paga.

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Il ddl mira a disciplinare “in modo stringente modalità e tempi di assegnazione degli obiettivi e misurabilità”. Oltre agli “obiettivi di mestiere” ci sarà anche la “valutazione dei comportamenti organizzativi”, ovvero di “quelle capacità, tra cui la leadership, che devono completare il profilo delle persone”. Nascerà, perciò, una “struttura a ‘obiettivi’“.

La ricaduta più importante, per i dipendenti, è che dalle valutazioni su questi obiettivi dipenderà anche il loro stipendio. Infatti, ci sarà un “trattamento retributivo legato alla performance“. Il premio in busta paga sarà legato alla valutazione ottenuta. E – qui arriva la stretta del governo – i punteggi massimi potranno andare a “non più del 30% dei valutati”.

La percentuale è decisamente bassa, rispetto a quanto avviene oggi. Basta sfogliare l’ultima relazione della Corte dei Conti sui premi in busta paga degli statali, relativa agli anni 2020-2022. Questa ha fatto emergere che in moltissimi casi (ministeri dell’Economia, dell’Interno, Esteri, Difesa, Lavoro, Salute, Turismo, Agricoltura, Università, Cultura, Imprese) la percentuale di dipendenti che otteneva il massimo dei voti era ben al di sopra del 90%, e spesso vicina al 100%. Anche nelle poche eccezioni (Giustizia, Trasporti, Istruzione, Ambiente) si raggiungeva comunque quasi sempre una percentuale vicina al 100% per i dirigenti.

L’intenzione del governo, quindi, è di abbassare decisamente queste percentuali. Con il ddl, solamente il 30% dei dipendenti potrebbe ottenere il massimo del punteggio, e quindi il massimo del premio in busta paga. Come detto, comunque, il testo dovrà passare dal Parlamento prima di entrare in vigore.

Il nuovo meccanismo per fare carriera e diventare dirigenti

L’altra misura più discussa del ddl è quella che prevede un nuovo meccanismo per selezionare i dirigenti. Non più un concorso pubblico, ma un bando interno, con selezione da parte di una commissione, e poi un periodo di prova prima di essere confermati. L’obiettivo, per Zangrillo, sarebbe di “attribuire ai dirigenti la responsabilità della gestione della crescita delle persone”.

Per partecipare a questi bandi basterebbe avere cinque anni di servizio tra i funzionari, o due anni nell’area dell’elevata qualificazione. Tutti i candidati verrebbero poi valutati da una commissione con sette membri: quattro dirigenti ‘interni’ all’amministrazione, due esperti ‘esterni’ e un presidente, anche lui esterno. Nella commissione siederebbero anche, senza diritto di voto, i superiori delle persone che si sono candidate. I componenti sarebbero estratti a sorte (quelli esterni scelti da un apposito Albo), e non potrebbero partecipare alla commissione per due volte di fila.

La commissione, a differenza di quanto avviene nei concorsi, non valuterebbe i titoli e le risposte date a un esame. Si confronterebbe, invece, sulla valutazione della performance dei candidati, un colloquio attitudinale, una relazione del superiore e una “prova individuale di carattere esperienziale”.

L’incarico da dirigente ottenuto in questo modo, poi, sarebbe temporaneo, ma comunque di lunga durata. Durerebbe al massimo tre anni, rinnovabili una volta sola. Dopo quattro anni, scatterebbe la fase di valutazione. Se questa è positiva, l’inserimento sarebbe definitivo.

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