Con un saldo negativo per 28.550 addetti la moda e 25.021 il legno-arredo, due delle filiere più famose del made in Italy figurano in cima alla lista dei settori del manifatturiero che hanno perso più occupati nell’ultimo decennio secondo le elaborazioni di Infocamere su dati Inps e Registro imprese. Entrambi i settori, dopo il boom economico seguito al periodo Covid, stanno vivendo un momento non semplice: la moda nel suo complesso, secondo stime della Camera nazionale della moda italiana, ha archiviato il 2024 con ricavi a 96 miliardi, in calo del 5,3%; il legno-arredo, secondo FederlegnoArredo, ha registrato un fatturato alla produzione pari a 51,6 miliardi di euro, in flessione del 3,1% sui 53,2 miliardi nel 2023. Del resto l’alto di gamma, forza motrice della moda e del design made in Italy, è in forte rallentamento a causa delle incertezze geopolitiche, ma anche dell’appetito dei consumatori che in alcuni casi sta cambiando e in altri si infrange contro prezzi aumentati a doppia cifra soprattutto nella moda.
Il problema congiunturale, tuttavia, non spiega il calo occupazionale fotografato da Inps e Unioncamere nel decennio. Se confrontato con il saldo negativo delle aziende (-12.466 per la moda; -12.037 per legno e arredo) mette in luce alcune dinamiche che hanno subito un’accelerazione e stanno contribuendo a cambiare il settore. Tra le questioni strutturali, lo conferma Confindustria Moda, c’è la scomparsa delle Pmi e la migrazione (laddove si verifica) della manodopera verso realtà più grandi: a chiudere sono quasi sempre piccole imprese, una risorsa significativa per il sistema – che ha permesso alle imprese più grandi di esternalizzare il lavoro e mantenere competenze iperspecializzate – ma che risulta drammaticamente a rischio a causa della crescente complessità burocratica, della mancanza di liquidità e della difficoltà di stare al passo con l’innovazione.
Per queste e altre ragioni, laddove a dare forza alle piccolissime imprese non siano state le aggregazioni, i grandi brand hanno cominciato a investire nei fornitori o a prediligere i più grandi. Da qui la “migrazione” occupazionale: il personale si è spostato nelle realtà più solide, quando è stato possibile.
Una quota importante, soprattutto in termini di valore, della moda e dell’arredo made in Italy ricade nel segmento dell’alto di gamma. Che già da tempo ha lanciato un allarme: questi settori impiegano personale con un’età media elevata e perderanno professionisti che, a oggi, potrebbero non essere rimpiazzabili per mancanza di giovani candidati.
Nel 2023 – e quindi prima della crisi del lusso che potrebbe ridimensionare la richiesta – Fondazione Altagamma stimava che tra il 2024 e il 2028 il settore lusso avrebbe richiesto 276mila profili di cui circa la metà sarebbero stati difficili da trovare. Nella moda e nell’arredo la richiesta sarebbe stata, stando alle previsioni, rispettivamente di 75mila e 29mila profili.