Storie Web lunedì, Aprile 29
Notiziario

E’ tempo di metter mano alle liste elettorali o a quelle alleanze che permettono di raggiungere la soglia del 4% per eleggere almeno qualcuno al parlamento di Strasburgo. 
Ci sono tecniche diverse: una è quella dei candidati di punta – qualcuno dice “acchiappa voti” – ed è per questo che i partiti più “grandi” discutono sulla possibile candidatura dei propri leader. Ma esiste anche il meccanismo della “lista elettorale”, quella che mette insieme piccoli partiti diversi per raggiungere la fatidica soglia.

Sia nell’una che nell’altra ipotesi vi sono favorevoli e contrari. Nei partiti grandi si ragiona sull’opportunità. Ci si chiede, per esempio, se Giorgia Meloni come presidente del Consiglio sia opportunamente candidabile o chi, come nel caso di Elly Schlein che si occupa di partito e quindi di questioni italiane, giudica una sua candidatura in Europa poco comprensibile all’elettorato.

Invece la lista che nasce con l’obiettivo di mettere insieme esperienze diverse per raggiungere il 4% genera altri problemi, con le relative discussioni. Con chi fare alleanza?

Italia Viva ha scelto di “aggregarsi” per le europee con +Europa – e fino a questo punto tutto bene. 
Poi, però, si è cercato un nuovo partner centrista e si parla dell’accordo elettorale con la nuova DC di Totò Cuffaro. Federico Pizzarotti, ex sindaco di Parma già dei cinque stelle e dal 2019 nel partito di Emma Bonino non ci sta. Prende carta e penna e scrive: “Ho scelto +Europa fin dal 2019, candidandomi alle elezioni europee in una lista che sapevamo non avrebbe raggiunto la soglia del 4%, proprio perché è un partito che ha deciso di funzionare secondo le regole, e non secondo il volere di un capo. Dunque, con molta serenità, fermiamoci e decidiamo insieme con chi dovrebbe allearsi +Europa e con chi invece no. Io dico che la Nuova Dc di Salvatore Cuffaro e di Francesca Donato, esponente No euro, non ha nulla a che fare con noi”. 

C’è chi invece si fa meno problemi, come il sindaco di Taormina, Cateno De Luca – detto, in Sicilia, Scateno. Nella miglior scuola del fine giustifica i mezzi, il capo di Sud chiama Nord ha messo insieme 17 partitini o liste che arrivano da tutta Italia. Dai NoVax a Italexit, dal partito dei moderati di Mr. Valleverde, dai pensionati alle leghe minori. 17 simboli dentro un simbolo più grande che cita “Libertà”.  Raggiungere il 4% è difficile, afferma De Luca che ha presentato alla Camera il suo “progetto”, ma alla lista interessa arrivare al 3% per riuscire ad essere appetibili per le prossime elezioni politiche.

Nel centrodestra si sta dando da fare Antonio Tajani per aggregare nella lista più moderati possibili. 
Forza Italia, Noi moderati ma anche il corteggiamento con la SVP che in Europa sta nel Ppe, le liste civiche di Scajola. Lo scopo, in questo caso, non è quello di raggiungere la soglia poiché quella c’è. Bensì quello di riunire i moderati italiani sotto una stessa casa, al momento “europea” e poi… chissà.

Infine il Pd, che discute sulle candidature ma si divide sui pedigrèe dei candidati. 
Se siano troppo o troppo poco moderati o troppo o troppo poco progressisti. In questi giorni la candidatura che fa più discutere il Pd è quella dell’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio, vicino alla Comunità di Sant’Egidio. Tarquinio non piace a un pezzo dell’ala riformista per le sue posizioni contro le armi all’Ucraina. Altri esponenti di sinistra lo difendono. Elly Shlein ha dei dubbi non sull’Ucraina ma sulla contrarietà di Tarquinio al matrimonio egualitario, alla legge Zan e alle unioni civili. 
Equilibrismi complicati.

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