Storie Web domenica, Maggio 5
Notiziario

Sono passati undici anni dal disastro del Rana Plaza, hub produttivo di moda low cost di Dacca, in Bangladesh, che è crollato il 24 aprile 2013 uccidendo oltre 1100 persone, impiegate nella produzione di prodotti di abbigliamento di marchi occidentali. Esattamente un anno dopo – sulla scia della fondazione di Fashion Revolution in Grand Bretagna da parte di Orsola de Castro e Carry Somers, immediatamente dopo la tragedia – è nata Fashion Revolution Italia che festeggia in questi giorni i primi dieci anni di attività. «Mi chiamò al telefono Orsola De Castro – racconta Marina Spadafora, ambasciatrice di moda etica, country coordinator e presidente di Fashion Revolution Italia – per propormi di portare l’associazione in Italia. Io in un primo momento le risposi di no: all’epoca ero direttrice creativa di Altromercato e facevo moltissime cose, oltretutto non avevo esperienza con i social. Ma con il team giusto – formato da tre giovani ex stagiste di Fashion Revolution a Londra: Virginia, Laura e Carlotta – siamo riusciti a portare effettivamente questo progetto anche in Italia. L’anno dopo si è unito Matteo Ward e oggi siamo una bella, grande famiglia».

Le battaglie più importanti

In questi ultimi dieci anni la sostenibilità è diventata un’aspirazione ( e in molti casi un trend) nel settore moda. Si sono fatti moltissimi passi avanti nella ricerca e nell’innovazione che hanno permesso di ridurre l’impatto ambientale dei prodotti e delle lavorazioni; è cambiato anche l’atteggiamento dei consumatori, oggi più attenti e propensi, per esempio, ad acquisti di seconda mano. Infine, in Europa si sono poste le basi per una legislazione in materia. «Uno dei momenti più importanti dell’attività di Fashion Revolution – spiega Spadafora – è stata l’adozione della Strategia Tessile da parte della Commissione Europea, nel marzo 2022. Già tre anni prima, insieme a un totale di 60 Ong avevamo presentato a Bruxelles e a Frans Timmermans (l’allora commissario per il Green Deal e il Clima) una specie di “strategia ombra” intitolata “Fair and sustainable textile”. La pandemia ha messo tutto in stand by, ma la successiva adozione di una strategia tessile ci ha dato conferma che unendo le forze, anche tra associazioni, possiamo fare di più».

Le sfide future: sostenibilità sociale e salari equi

Se infatti sul fronte della sostenibilità ambientale le aziende sembrano aver intrapreso un percorso per ridurre l’impatto ambientale, su quello della sostenibilità sociale la strada è ancora molto lunga: «Non siamo rimasti contenti su nessun fronte: su quello della legislazione europea, per esempio, la Csddd, la direttiva che impone controlli severi sulla catena di fornitura è stata fortemente depotenziata anche sotto la spinta dell’Italia; i recenti casi (come quelli di Alviero Martini e Giorgio Armani Operations, ndr) restituiscono l’immagine di un made in Italy che sfrutta la manodopera». Secondo Spadafora anche i consumatori hanno una sensibilità più ridotta verso le tematiche sociali: «Con Abiti Puliti bbiamo portato avanti una campagna dal titolo “Good clothes, fair pay” che prevedeva una raccolta firme da portare poi in Europa come iniziativa popolare, ma siamo arrivati solo a 250mila firme. Su questi temi abbiamo riscontrato atteggiamenti ostili da parte delle persone, ma torneremo a riproporre il tema sotto forma di una petizione online». Secondo Spadafora «in Italia mancano consapevolezza ed educazione e il nostro compito è far incontrare da un lato i movimenti “dal basso” e dall’alto: consumatori e legislatori». Così da non lasciare spazio nel mezzo».

L’evento: sette giorni di tour a Venezia

Per festeggiare questi primi dieci anni di attività, ma soprattutto i prossimi dieci, Fashion Revolution ha scelto Venezia e un itinerario culturale aperto al pubblico e diffuso nel cuore della città. Il progetto Fashion Revolution Tour, realizzato in collaborazione con Venice Fashion Week, Venezia da Vivere, Università Iuav di Venezia e Sara Sozzani Maino, si terrà il 23 aprile ed è patrocinato dal Comune di Venezia. «Abbiamo voluto dare inizio al secondo capitolo della storia di Fashion Revolution in una delle storiche capitali tessili del mondo, Venezia, porto di arrivo e diffusione di cultura che ha influenzato il sistema moda nei secoli ha detto Marina Spadafora. Oggi più che mai, viste le sfide contemporanee, è fondamentale diffondere una nuova visione per l’industria, che guarda al passato per proiettarsi nel futuro». L’itinerario – accessibile a tutti dalle 15.30 del 23 aprile per una settimana – prevede sei tappe: si parte dai Giardini Reali di Piazza San Marco, luogo d’incontro storico della città recentemente riqualificato e riaperto al pubblico dalla Venice Gardens Foundation. Da lì, grazie a una mappa digitale, i visitatori possono scoprire brand e botteghe: il brand Dennj nella bottega Attombri, Lessico Familiare da Tabinotabi, le sneaker del designer Felipe Fiallov nell’atelier Ramosalso del sarto Demis Marin, il designer Marcello Pipitone nella storica stamperia Veneziastampa, i progetti di Sanaz e Made for a Woman nella falegnameria Lunardelli Venezia, il brand Cavia da Paperoowl. Parte dell’itinerario è anche Palazzo Mora che ospiterà l’opera “Hope Dress” di Elaine Fostergandey.

Condividere.
© 2024 Mahalsa Italia. Tutti i diritti riservati.