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Notiziario

Riccardo Magi commenta a Fanpage.it la decisione del governo Meloni di fare ricorso al Tar contro l’Emilia-Romagna, chiedendo l’annullamento delle delibere di giunta che davano attuazione al suicidio medicalmente assistito: “In Italia con la sentenza della Corte Costituzionale è già sancito il diritto d’accesso al suicidio assistito a determinate condizioni”, ha detto Magi.

Sul tema fine vita il governo Meloni va allo scontro frontale contro la Regione Emilia-Romagna. Il ricorso che la Presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Salute hanno depositato il 12 aprile al Tar regionale è contro la direzione sanitaria Salute della persona, e chiede l’annullamento delle delibere di giunta che davano attuazione al suicidio medicalmente assistito nella Regione guidata da Bonaccini.

“Un mese fa, l’11 marzo – ha detto la consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini a LaPresse – ho fatto ricorso al Tar, notificato alla Regione, e ora con il ricorso del governo si allarga il fronte contro un atto che non può neanche essere preso in considerazione. Una delibera attua una legge nazionale o regionale, ma qui la legge non c’è, Bonaccini ha deciso di fare una delibera, anche per paura del voto, come accaduto in Veneto. Ora dobbiamo capire se si può fare richiesta di unire i due ricorsi, il nostro e quello del governo”.

Riccardo Magi, deputato e segretario di +Europa, intervistato da Fanpage.it, ricorda invece che le basi giuridiche a sostegno delle delibere ci sono e sono da ricercarsi principalmente nella sentenza della Corte Costituzionale del 2019, sul caso Dj Fabo/Cappato: “Sono solide ed evidenti a tutti, tranne a chi vuole ignorarle per motivi ideologici. Per effetto della sentenza della Consulta del 2019 il suicidio assistito in Italia è già legale, ma manca una legge di attuazione che renda questo diritto concretamente fruibile. Non bisogna cadere in errore, dicendo che in assenza di una legge nazionale non esiste questo diritto. Il diritto c’è ed è sancito alle condizioni indicate dalla sentenza Cappato. La mancanza di una norma nazionale è particolarmente grave perché rende difficoltoso per i cittadini godere di un diritto che già è riconosciuto. A causa dell’immobilismo del Parlamento, diversi malati nei mesi scorsi, assistiti dall’Associazione Coscioni, si sono rivolti ai tribunali per costringere le Asl a rispettare le loro volontà di fine vita, in base a quanto è scritto nella sentenza, e in molti casi le Asl sono state condannate. La competenza delle Regioni sta proprio in questo, hanno la competenza di organizzazione dei servizi sanitari”.

Fine vita, perché il governo Meloni ha fatto ricorso al Tar contro la Regione Emilia-Romagna

“Ora vedremo cosa succederà e come valuterà il Tar il ricorso, in base alle caratteristiche di queste delibere della giunta regionale. Ma qualsiasi cosa accada non cambia il fatto che in Italia con la sentenza della Corte Costituzionale è già sancito il diritto d’accesso al suicidio assistito a determinate condizioni. E quindi, al di là del compito del Parlamento, il ruolo delle Regioni è quello di intervenire per disciplinare il come, non il cosa, che è stato già indicato dai giudici della Corte”.

“Il governo dovrebbe preoccuparsi – ha sottolineato Magi – di quelle persone che hanno malattie croniche e degenerative, costrette a ricorrere ai tribunali per poter ottenere quello che già l’ordinamento italiano consentirebbe loro di scegliere, invece di intralciare una Regione che prova a evitare a queste persone un calvario giudiziario. In molti casi per questi malati il fattore tempo è fondamentale, perché quel tempo è l’ultimo che hanno da vivere. È inaccettabile che debbano trascorrerlo facendo ricorsi, perché le Asl non permettono di fare quello che la Corte Costituzionale già considera legittimo dal 2019. Purtroppo la disobbedienza civile, quella fatta da Cappato e dall’Associazione Coscioni, e i tentativi referendari che abbiamo portato avanti, sono state le uniche azioni che hanno portato a degli avanzamenti effettivi sul tema fine vita”.

Quali sono le leggi sul fine vita presentate in Parlamento

In Parlamento ci sono tre leggi sul fine vita, tutte ferme. In Senato ci sono due testi, entrambi peggiorativi: uno della maggioranza, che vorrebbe cancellare il testamento biologico, legge del 2017, e quello di Pd e Movimento Cinque Stelle, che secondo l’Associazione Coscioni restringerebbe il campo di ciò che è già legale. Alla Camera è stata presentata il 13 ottobre 2022 una legge a firma Magi, depositata in commissione e mai calendarizzata, dal titolo ‘Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita’.

“Il testo unificato Pd-M5s, redatto dal dem Alfredo Bazoli, fu approvato nella scorsa legislatura in prima lettura alla Camera, e poi non venne approvato al Senato perché la legislatura finì in anticipo. Ma questo testo è insufficiente, perché è restrittivo rispetto ai paletti indicati dalla Corte. Ad esempio rispetto alle condizioni del malato per poter accedere al suicidio assistito. L’altro testo, quello della maggioranza, intacca addirittura il testamento biologico, e vorrebbe negare ai cittadini la possibilità di rinunciare all’idratazione e alimentazione artificiale”, ha spiegato Magi. “Non basta dunque dire che serve una legge, se questa poi è peggiorativa rispetto all’esistente”.

“Alla Camera ho depositato in commissione Affari sociali e Giustizia all’inizio della legislatura un testo, emendato con le proposte elaborate insieme all’Associazione Coscioni. Ne abbiamo chiesto la calendarizzazione, ma hanno deciso di partire dal Senato”.

Il ricorso contro la Regione Emilia-Romagna

Lo scorso febbraio, la giunta dell’Emilia-Romagna aveva approvato due delibere per l’accesso al fine vita, inviando alle aziende sanitarie le linee guida per la gestione delle richieste di suicidio medicalmente assistito.

La Regione Emilia Romagna “ha previsto un articolato procedimento amministrativo che conduce alla erogazione della prestazione ‘suicidio medicalmente assistito” e ha agito “in evidente carenza di potere per assenza di copertura legislativa e violazione, tra gli altri, del principio di uguaglianza e di riserva al legislatore statale della materia dell’ordinamento civile e penale”, si legge nel ricorso con cui l’esecutivo Meloni chiede l’annullamento delle delibere della giunta.

Con le delibere la Regione Emilia-Romagna, spiega il ricorso, “nel dichiarato intento ‘di consentire da subito ai cittadini l’effettivo accesso a tale diritto’ (il suicidio medicalmente assistito, n.d.r.), riconosciuto, ad avviso della Regione stessa, dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, ha illegittimamente disciplinato in via amministrativa quali siano gli organismi competenti a valutare gli stringenti requisiti indicati dalla stessa Corte per scriminare il reato di aiuto al suicidio” previsto dall’articolo 580 codice penale.

Dunque, si argomenta ancora nel testo “in assenza di qualunque previsione normativa statale, in palese violazione del principio di legalità, la Regione Emilia Romagna ha disciplinato una pretesa a carico del Ssn senza che tale pretesa sia stata in qualche modo riconosciuta dall’ordinamento, e ciò sulla base di un procedimento destinato, oltretutto, ad operare al di fuori di un quadro ordinamentale omogeneo”.

Le delibere sono dunque state assunte “in palese violazione del principio di legalità del potere amministrativo” che “prescrive che la Pubblica Amministrazione possa agire solo nei limiti di quanto prevede una norma di legge e per il perseguimento dei fini indicati nella norma stessa” e hanno “nella sostanza, riconosciuto e disciplinato le modalità di esercizio di un diritto ‘al suicidio assistito”‘ diritto che non è previsto dalla legge e che la stessa Corte costituzionale ha escluso”.

“Appare evidente che non vi è alcun diritto al ‘suicidio assistito’ che possa legittimare un intervento attuativo dell’autorità amministrativa, come invece accaduto nel caso di specie”, denuncia ancora il ricorso. “L’organo di governo della Regione Emilia Romagna è dunque intervenuto, non solo e non già in assenza di disciplina legislativa o regolamentare sul punto, ma ponendosi in frontale contrasto con la relativa disciplina normativa statale, la quale ha delineato le specifiche modalità ed i percorsi procedimentali per pervenire alla implementazione degli ambiti di operatività del Ssn, tutti impostati nel segno del coinvolgimento delle amministrazioni regionali, e della concertazione con le stesse”.

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