Storie Web venerdì, Maggio 17
Notiziario

L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2024 segna un aumento dello 0,3% rispetto al mese precedente e del 3% rispetto a marzo 2023. Lo dicono gli ultimi dati Istat, sottolineando come gli incrementi più alti si registrino nel settore dell’industria. Ma per chi ha il contratto scaduto si allungano i tempi del rinnovo.

I dati Istat sulle retribuzioni contrattuali nel primo trimestre 2024 “confermano la fase di recupero rispetto all’inflazione che era iniziata a ottobre 2023”. Lo afferma proprio l’Istat nell’aggiornamento flash su Retribuzioni e Contratti relativo al periodo gennaio-marzo 2024. La retribuzione oraria media in questi primi tre mesi dell’anno è cresciuta del 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2023. Sale anche l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie, cioè lo stipendio medio in rapporto alla durata del contratto (espressa in ore): l’aumento è dello 0,3% rispetto al mese precedente e del 3% rispetto a marzo 2023.

L’aumento più significativo nelle buste paga riguarda i dipendenti del comparto industriale: per loro l’incremento è del 4,7% rispetto al primo trimestre 2023, cioè quasi cinque volte superiore all’aumento dei prezzi (+1%). Più tenue la crescita per i lavoratori nei servizi privati (+2,6%) e per quelli della pubblica amministrazione (+1,6%). I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono: legno, carta e stampa (+8,5%), credito e assicurazioni (+7,1%) e settore metalmeccanico (+6,1%). L’incremento è invece nullo per farmacie private, pubblici esercizi e alberghi, telecomunicazioni, ministeri, forze dell’ordine, forze armate e attività dei vigili del fuoco.

La sola nota dolente del rapporto Istat sulle retribuzioni riguarda l’aumento del tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto. Tra marzo 2023 e marzo 2024, il periodo medio di attesa è infatti passato da 26,6 a 29 mesi. Per il totale dei dipendenti, l’attesa è invece diminuita da 14,5 a 10,1 mesi.

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Il rapporto dell’Istat fa poi il punto sullo stato della contrattazione collettiva. L’indagine rivela come alla fine di marzo 2024 risultino in vigore 39 contratti collettivi nazionali, che coprono circa 8,5 milioni di dipendenti. Nel trimestre di riferimento sono scaduti nove contratti e ne sono state rinnovati quattro (studi professionali, alimentari, commercio e servizi socio assistenziali). I 39 contratti collettivi nazionali attualmente in vigore corrispondono al 64,5% del monte salari complessivo: quest’ultima quota sale all’ 84% nel settore privato (con punte di oltre il 90% nel settore agricolo e nell’industria), ma paga l’incidenza pari a zero nella pubblica amministrazione, dove tutti i contratti sono scaduti.

Numeri che permettono di stimare la quota dei contratti collettivi nazionali di lavoro che resterebbero in vigore nel semestre aprile-settembre 2024 nell’ipotesi di assenza di rinnovi; tale quota diminuirebbe passando dal 59,2% attuale al 38% di settembre 2024. Al momento, infatti, i contratti da rinnovare sono 36 e quindi più di un lavoratore su 3 (34,9%) è in attesa di rinnovo. Quest’ultima quota è in diminuzione rispetto al mese precedente (53,4%) e rispetto a marzo 2023 (54,5%).

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