Storie Web giovedì, Maggio 9
Notiziario

“Ci sono arrivate segnalazioni di donne che, giunte in presidi sanitari pubblici per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, sono state sottoposte a indebite interferenze e pressioni da parte di volontari, che hanno imposto loro l’ascolto del battito fetale per dissuaderle”: è la denuncia di un centro antiviolenza di Aosta.

Un centro antiviolenza di Aosta ha denunciato che molte donne che si erano recate in strutture pubbliche per interrompere la gravidanza hanno subito pressioni per non abortire. Ad esempio, sono state costrette ad ascoltare il battito del feto. “Sono pervenute al Centro contro la violenza di Aosta segnalazioni di donne che, giunte in presidi sanitari pubblici del territorio regionale per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, sono state negli stessi luoghi sottoposte a indebite interferenze e pressioni da parte di volontari, consistenti nell’imporre l’ascolto del battito fetale o nella promessa di sostegni economici o beni di consumo, con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire, personalissima e spesso sofferta“, si legge in un post pubblicato sui social dal Centro.

E ancora: “Il Centro donne condivide le preoccupazioni da più parti espresse per la scelta del governo di prevedere, con un emendamento alla legge 194, la possibilità per i consultori, presidi pubblici di accoglienza e tutela della salute della donna, di concordare la presenza delle cosiddette associazioni pro-vita, non solo a supporto dei percorsi di maternità difficile dopo la nascita, ma anche nella delicatissima fase di maturazione della decisione di interrompere, o meno, la gravidanza. La scelta legislativa di autorizzare il ricorso, in questa fase, alla presenza di enti del terzo settore che ideologicamente si battono per l’abolizione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, porta con sé il rischio concreto di vittimizzazioni dovute all’esercizio di pressioni psicologiche sulle donne, come dimostrano i casi verificatisi anche in Valle d’Aosta“.

Infine il post conclude: “L’aborto non è una concessione ma un diritto della donna e deve essere garantito dalla possibilità di rivolgersi ai consultori, alla presenza di figure professionali qualificate, senza il pericolo di essere sottoposte a giudizi morali o a manipolazioni“.

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Il Centro, in sinergia con la rete Di-Re – Donne in rete contro la violenza, ha annunciato che avvierà un monitoraggio della corretta applicazione della legge 194 del 1978, insieme a una serie di “azioni di sensibilizzazione e resistenza“, per sostenere le donne e tutelarle nelle loro decisioni. “La denuncia delle attiviste di Aosta conferma i timori di tutta la Rete D.i.Re – commenta Antonella Veltri, presidente della rete – Oggi siamo alle prese con la violenza istituzionale esercitata sulla scelta delle donne sulla maternità consapevole, attraverso azioni patriarcali inaccettabili“.

La vicenda è arrivata all’attenzione della politica: “È gravissima la denuncia del centro donne contro la violenza di Aosta che segnala pressioni e ingerenze sulle donne che si recano nelle strutture sanitarie pubbliche per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Spero che la vicenda verrà affrontata adeguatamente dalle autorità, intanto non c’è dubbio, e credo che nessuno possa smentire, che tutto questo è anche frutto del clima voluto da questo Governo che ha attaccato frontalmente la 194“, ha commentato Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera.

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