Storie Web sabato, Aprile 27
Notiziario

Quando si attiva la catena dei mancati pagamenti la prospettiva che qualcuno vada gambe all’aria non è un rischio ma una certezza. E quando un piano di investimenti rimane per mesi nel bagnomaria di una rimodulazione che ne cambia connotati e fonti di finanziamento è altrettanto certo che la macchina dei pagamenti, già zoppicante di suo, si pianti.

Lo sanno bene al Comune di Marzabotto, a cui la lezione è stata impartita con i toni sempre efficaci del paradosso, tanto cari agli intrecci del nostro Paese: in una storia solo apparentemente piccola, perché cresce con repliche infinite in tutta Italia.

Il Viminale non rimborsa il Comune

Sintesi: a Marzabotto, Comune di meno di 7mila abitanti nella Città metropolitana di Bologna tristemente noto alla storia per gli eccidi nazisti dell’autunno 1944, il ministero dell’Interno ha chiesto (tramite la Prefettura) al sindaco tutti i dati sui conti per valutare l’avvio del pre-dissesto. Lo stesso Viminale però conosce bene la causa della crisi, perché è lui a non pagare le somme anticipate dal Comune per gli investimenti ex Pnrr: più di 3 milioni di euro, un’enormità per un ente di quelle dimensioni.

Scadenze rispettate

Il Comune, infatti, ha rispettato tutte le scadenze fissate dal Pnrr per i suoi interventi. Per la riqualificazione di un’ex cartiera inserita nel Piano urbano integrato della Città di Bologna ha affidato i lavori entro il 30 luglio 2023, li ha portati a un avanzamento del 30% entro la fine di settembre, e ha pagato le anticipazioni che le imprese esecutrici chiedono come previsto dalle norme. Mal gliene incolse. Perché nonostante il caricamento sulla piattaforma Regis, il cervellone telematico del ministero dell’Economia che prova con qualche fatica a monitorare in tempo reale ciascuno degli infiniti movimenti del Pnrr, non ha ricevuto dal ministero dell’Interno gli assegni chiamati a compensare i versamenti anticipati dal Comune, chiesti fin dallo scorso autunno.

Il Viminale, soggetto «titolare» degli investimenti di cui il Comune è «attuatore» secondo il lessico del Pnrr, è strutturalmente un cattivo pagatore, e con i suoi 33,5 giorni di ritardo medio guida la classifica ministeriale dei tempi di attesa imposti ai fornitori, come mostrato dall’inchiesta pubblicata venerdì scorso sul Sole 24 Ore. In questo caso, poi, può aver pesato anche il lungo limbo che ha visto i Piani urbani integrati confinati sull’uscio del Pnrr prima di essere ripescati a carico di altri finanziamenti nel quarto decreto legge sul Piano ora all’esame della Camera. Fatto sta che i soldi anticipati dall’ente alle imprese non sono stati coperti dal ministero, a cui lo stesso sindaco nelle scorse settimane ha lanciato un allarme da ultima spiaggia: «Abbiamo 247,89 euro in cassa – ha scritto -, non possiamo più pagare gli stati di avanzamento lavori alle imprese e dobbiamo sospenderli»: con tanti saluti a milestones, target, cronoprogrammi, alla certezza amministrativa; e, soprattutto, alla crescita del Pil.

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