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Intervista a Celestino Vietti, pilota dell’Academy di Valentino Rossi protagonista del Mondiale di Moto2: “Dopo la firma con i miei genitori ci guardavamo, avevamo un sorriso stampato in faccia”.

Nel 2022 è andato vicino a lottare per il titolo mondiale di Moto2, è l’ultimo dei piloti scelti per l’Academy di Valentino Rossi e ancora oggi subisce un po’ di nonnismo durante gli allenamenti. Celestino Vietti Ramus quest’anno è passato al team Red Bull KTM, uno dei più importanti della sua categoria, dopo una stagione, quella del 2023, passata insieme a Fantic, ma i risultati non sono arrivati.

Quest’anno ha iniziato la stagione con un nono posto in Qatar e un settimo in Portogallo, ma è convinto di potersi giocare il titolo, anche se i primi risultati non sono stati entusiasmanti. La Moto2 è una categoria ostica, ma si è colorata di azzurro italiano diverse volte negli ultimi anni: Morbidelli nel 2017, Bagnaia nel 2018 e Bastianini nel 2020. Potrebbe essere l’anno di Vietti? Lo abbiamo chiesto direttamente al pilota classe 2001 di Cirié, provincia di Torino.

Sei il primo degli italiani in classifica. Come sta andando con il nuovo team?
“Mi trovo bene, ma ancora non siamo riusciti a dare quello che veramente sono le sensazioni. Stiamo prendendo la situazione delle nuove gomme Pirelli con molta calma, facendo piccoli passi di volta in volta. La gestione della gara cambia, anche per via delle nuove sospensioni. Il feeling con la moto non è male, mi trovo molto bene.”

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Come sono queste nuove gomme Pirelli?
“La differenza si sente, il feeling è diverso. È uavanti ti senti più sicuro. Dobbiamo ancora capirle del tutto, serve tempo, anche per la durata di una gara dobbiamo capire come gestirla e come si adatta alla nostra moto”.

C’è stato un momento nel 2022 in cui ti stavi giocando il titolo di Moto2. Diciamo, fino a Catalunya, terza vittoria della stagione, ma poi cosa è successo? Sette ritiri nelle ultime gare. Quanto sei rammaricato per aver mancato quell’occasione?
“Tanto. Non tutti gli anni capita di partire così bene. Prima della pausa di metà anno eravamo veloci, competitivi, andavamo forte in ogni pista. C’è da dire che gli avversari poi sono migliorati e sono arrivati. Non sono stato capace di gestire le gare. Non puoi vincere sempre, devi essere capace di accontentarti e invece io sforzavo per arrivare davanti. Anche perché a metà stagione il team ci aveva comunicato che l’anno dopo non avrebbe continuato e quindi in quel momento la testa vola via. Psicologicamente sei affaticato. Sia il pilota che l’intero team. Anche se lavori duramente, qualcosa si rompe. Forse ci siamo un po’ concentrati su altre cose. Anche se tutto dipendeva principalmente da me che spesso potevo accontentarmi di un quinto o sesto posto”.

Subentra una certa frustrazione.
“Sì. Il gruppo non è più sereno e soprattutto ognuno degli elementi doveva cercarsi un altro team per l’anno dopo. Anche se la moto era a posto, questi problemi di certo non ti fanno andare più forte. Per fortuna avevamo il paracadute dell’Academy che ci ha supportato. L’anno dopo infatti siamo andati in Fantic”.

In quel momento come ti ha aiutato Valentino Rossi?
“Abbiamo parlato diverse volte per capire cos’era successo e come si poteva migliorare la situazione. Anche lo scorso anno è stata una stagione travagliata per via degli infortuni, è stato tutto molto difficile. Vale ti fa ragionare, ti fa calmare. Bisogna essere concentrati, capire qual è l’obiettivo e poi godersela un po’ di più, cercando di mettere da parte le pressioni”.

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Hai avuto paura o timore di non avere un futuro da pilota? Intendo, quando le cose vanno male, hai mai avuto quella sensazione?
“Per fortuna questa sensazione non ce l’ho mai avuta. Grazie anche all’Academy che mi ha sempre dato una mano a credere in me stesso. Spero di non provare quella sensazione per un po’ di tempo”.

Tu sei l’ultima generazione dei talenti scelti da Valentino mentre era ancora un pilota. Sei il più giovane (dopo Gabarrini) e sei l’unico che non è ancora in MotoGP. Sei pronto a salire nella classe maggiore?
“È un po’ come nei videogiochi, devi affrontare questo livello, superarlo, per accedere a quello dopo. Io mi devo concentrare sulle gare della Moto2 e cercare di fare il mio meglio qui per poi arrivare in MotoGP. L’obiettivo è quello, essere lì insieme ai ragazzi dell’Academy. Così il lunedì quando arrivo in palestra con loro posso parlare anche io della gara, dell’abbassatore, delle alette (ride)”.

Sei il cucciolo dell’Academy?
“Essendo il più giovane tra i “veterani” dell’Academy, vengo un po’ preso in giro. Un po’ di buon nonnismo. Diciamo che me lo merito anche visto che sono quello che fa più cavolate”.

Tipo?
“Prendo le multe, faccio qualche incidentino di troppo, arrivo in ritardo. Cose così”.

Com’è avere Francesco Bagnaia al tuo fianco?
“È bello avere il campione del mondo in carica in Academy. Egoisticamente dico che sono contento di avercelo vicino e potermi allenare insieme a lui. È un riferimento importante, ma Pecco è rimasto se stesso e il rapporto umano è uguale a prima”.

C’è una volta in cui hai battuto Bagnaia o Rossi e te la sei goduta da matti?
“Ogni tanto mi capita con le Ohvale, con le MiniGP. E mi dico bravo, sei riuscito a stargli davanti. Nove titoli Vale, tre Pecco, uno Morbido e quando vinco è una figata”.

Te lo ricordi quando ti hanno comunicato che saresti entrato nell’Academy? Il giorno dopo hai pensato fosse tutto un sogno?
“Dovevo ancora compiere quattordici anni. È stato incredibile. Io e i miei genitori siamo andati alla VR e abbiamo fatto una foto insieme. I giorni successivi ogni tanto ci guardavamo, avevamo un sorriso stampato in faccia e ci dicevamo ‘va che è successo davvero. Abbiamo firmato. È stato un sogno, l’opportunità che mi ha cambiato la carriera. Mi hanno fatto crescere tantissimo’”.

Obiettivo per quest’anno?
“Secondo me quest’anno posso lottare per il titolo. Spero di essere cresciuto abbastanza per farlo fino alla fine”.

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