Storie Web giovedì, Aprile 24
Notiziario

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, era partita con le migliori intenzioni per alleviare il costo dell’energia per famiglie e imprese, ma poi il decreto bollette che è stato approvato è stato scritto diversamente e il Parlamento, che avrebbe potuto apportare i necessari correttivi e rafforzarlo, non l’ha fatto. È urgente, quindi, un tavolo di confronto a Palazzo Chigi per adottare misure strutturali per ridurre il costo energetico del mondo industriale che oggi più che mai soffre per questo motivo un forte svantaggio competitivo con il resto del mondo. È l’allarme e l’appello che arriva dalle imprese, con le dichiarazioni del delegato del Presidente di Confindustria per l’energia, Aurelio Regina.

Al di fuori della misura sulla compensazione dei costi indiretti ETS, che era già prevista dalla legge di bilancio e doveva essere applicata da tempo, per un valore di 600 milioni nel decreto «non c’è nulla per le imprese». Tra l’altro è una misura, spiega Regina, che riguarda solo alcuni settori industriali, prevista da una norma europea e attuata da anni in tutto il Continente, tranne che da noi.

È «una pazzia» aver varato questo testo, senza accogliere le proposte delle imprese, in primis quella per estendere l’ambito di applicazione della norma che azzera gli oneri di sistema alle utenze in bassa tensione (che sono i piccolissimi esercizi commerciali) anche alle utenze delle imprese allacciate in media tensione, cioè tutte le piccole e medie imprese italiane, senza incidere sul bilancio pubblico, ma redistribuendo proporzionalmente il beneficio tra bassa e media tensione. Questa proposta avrebbe dato un supporto a realtà come il distretto del tessile di Prato, la meccanica dell’Emilia Romagna, l’alimentare in Campania, Puglia, Sicilia, Emilia, oppure il farmaceutico del Lazio, la componentistica automotive del Piemonte o della Lombardia, l’arredo e design del marchigiano, il calzaturiero veneto. Sono alcuni tra i numerosi esempi per far capire quanto possa essere dannoso non occuparsi del costo dell’energia per la sopravvivenza delle eccellenze dei nostri distretti industriali. La bolletta di tutta l’industria italiana supera abbondantemente i 20 miliardi di euro all’anno, le imprese continuano a subire uno spread energetico che supera il 35% e che arriva a toccare più dell’80% nel confronto con paesi europei, Usa e Cina. «Sono quelle imprese che realizzano l’export di 626 miliardi che tiene in vita la nostra economia. Tra l’altro ciò avviene in un momento delicato come quello che stiamo vivendo, con la guerra dei dazi che rischia di abbattere la marginalità delle imprese e di minarne la sopravvivenza», continua Regina.

Il decreto ha avuto il via libera definitivo dal Senato ieri, con 99 sì, 62 no e un astenuto. Stanzia 3 miliardi di euro, tra gli interventi principali sono previsti un contributo straordinario di 200 euro in favore dei nuclei familiari con Isee fino a 25mila euro, un rafforzamento delle tutele per i clienti vulnerabili, l’addio al click day e l’inserimento dello sconto in fattura per ottenere il bonus elettrodomestici.

«Non è stata approvata nessuna delle misure a costo zero proposte da Confindustria», come quella che consentirebbe nelle aree produttive di ottenere l’autorizzazione alla produzione di energia rinnovabile per autoconsumo. «Non ci spieghiamo, poi, come mai non sia stata ascoltata dal Parlamento la nostra istanza di eliminare il differenziale tra le quotazioni del prezzo del gas italiano e quello del Centro-Nord Europa che avrebbe ridotto i costi di circa 1,3 miliardi di euro all’anno o la nostra proposta per una release di gas e biometano per un valore di circa 600-700 milioni di euro, senza impattare sui conti pubblici o sulle bollette, che avrebbe abbassato il prezzo del gas per tre anni per le imprese italiane e le avrebbe accompagnate nel percorso di decarbonizzazione, come è stato fatto con l’Energy Release che riguarda l’elettricità», continua Regina. Nemmeno il Parlamento ha avuto la sensibilità ci apportare i necessari correttivi, in una situazione in cui dai fallimenti delle imprese industriali emerge che al primo posto tra le principali cause c’è l’elevato costo dell’energia.

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