Storie Web lunedì, Maggio 12
Notiziario

Una lunga rincorsa al ribasso. È quella tra la produzione e i consumi mondiali di vino. Una rincorsa continuata anche nel 2024 secondo quanto emerge dal report “State of the World Vine & Wine Sector” pubblicata dall’Oiv (Organization internationale de la vigne et du vin).

La produzione globale nel 2024 si è, infatti, fermata a quota 225,8 milioni di ettolitri (-4,8% rispetto al 2023) il livello più basso degli ultimi sessant’anni. All’Oiv giustificano questo rallentamento produttivo con i fattori climatici che certo hanno penalizzato le vendemmie a ogni latitudine. Ma molto più probabilmente se i vignerons hanno prodotto meno è perché sono in inesorabile calo anche i consumi.

Il consumo mondiale di vino, infatti, nel 2024 è stimato a 214,2 milioni di ettolitri, con un calo del 3,3% rispetto al 2023. Se questa stima fosse confermata, si tratterebbe inoltre del volume più basso registrato dal 1961 (213,6 milioni di ettolitri). Risultati che mostrano un altro inedito, il quasi pareggio tra produzione e consumi: 225 a 214 milioni di ettolitri.

«Il calo del consumo globale di vino – spiegano all’Oiv – ha seguito una traiettoria costante dal 2018. Una combinazione di diversi fattori ha favorito questa tendenza». Una prima spallata al ribasso è venuta con pandemia di Covid-19 nel 2020, con le misure di lockdown che hanno avuto un impatto negativo sui principali mercati vinicoli mondiali. Nel 2021, la fine delle restrizioni legate alla pandemia, unita alla riapertura del settore del fuori casa (horeca) aveva innescato una ripresa dei consumi in molti Paesi ma poi a partire dal 2022, le tensioni geopolitiche e le successive crisi energetiche, hanno avviato una spirale di aumento di costi di produzione e di inflazione che hanno nuovamente penalizzato le vendite.

«Su questo scenario già complesso – hanno aggiunto all’Oiv – si è poi inserita la flessione dei consumi in Cina, con una perdita media di 2 milioni di ettolitri l’anno dal 2018». Dato che ha vanificato le speranze di molti produttori che vedevano nel gigante asiatico un grande mercato potenziale ma che, dati alla mano, sembrerebbe destinato a restare tale.

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