Storie Web domenica, Maggio 5
Notiziario

Si chiama Oversympathy il programma comico che Frank Matano porterà in giro per i club italiani. A Fanpage.it Matano ha parlato della comicità, dei fallimenti, di Lol e di Fedez.

Frank Matano è uno dei comici più amati in maniera trasversale, dal web alla tv, infatti, è riuscito, in questi anni, a ritagliarsi spazi sempre più importanti e tra poco porterà a teatro uno spettacolo in cui unirà l’improvvisazione alla comicità, cercando di scoprire dove si nasconde la comicità, ma soprattutto dove si nasconde la non comicità, quell’oversympathy, l’eccesso di simpatia che mostrando troppo artificio non provoca alcun divertimento. Matano, protagonista di Lol ha spiegato a Fanpage.it come funzionerà il suo nuovo spettacolo, ma ha anche parlato della sua adolescenza, del timore di non far ridere, della sindrome dell’impostore, di LOL e Fedez.

Parlami dello spettacolo, come l’hai pensato? Come si svilupperà?

Oversympathy nasce dall’esigenza di proporre un contesto in cui i comici, tra amatori e chi lo fa già da un po’ di tempo, si sentano a proprio agio, senza la frenesia della tv e il ritmo forsennato che c’è nello spettacolo di oggi. L’obiettivo è quello di dilatare un po’ i tempi e in questo caso l’esperienza americana aiuta perché lì i live podcast di lunga durata iniziano a prendere piede, la gente li ascolta e guarda, a differenza della televisione, che sceglie per te. Secondo me in Italia manca una piattaforma dove chi non è ancora popolare o non ha avuto gli strumenti per farlo ha un’opportunità. Oggi si tende a investire solo su chi ha già tanti click sul web, che è un buon modo eh!, perché se uno c’è riuscito da solo è un ottimo modo di prenderti meno rischi. A Oversympathy vorrei che i rischi fossero al massimo, ma in un contesto in cui non si rischia niente.

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Cosa vuol dire oversympathy?

Il titolo vuol dire sovrasimpatia: è un meccanismo del format per cui ho un telecomandino, che non penso che userò tantissimo, una sorta di golden buzzer al contrario, che blocca le performance di chi pur di far ridere, strafà. L’oversympathy è una psicopatologia, ne soffro anch’io, ne soffre chiunque tenta di far ridere: chi fa ridere è “un cecato con la lanterna”, perché vai per tentativi e solo l’esperienza ti porta, col tempo, a togliere le cose che pensavi fossero divertenti – e non lo sono – e tenere e migliorare le cose che funzionano.

Come funzionerà il format, alla fine?

Il format funziona così, lo spiego molto semplicemente: abbiamo più di 300 candidati che verranno spalmati in tutte le nove serate. Facciamo che in una serata ce ne stanno una quarantina, io ho una scatola con tutti i nomi, se ti candidi non hai la certezza di esibirti perché in una serata se ne esibiranno una decina. Chiamo il nome, tu hai 90 secondi di pezzo comico ininterrotto, dove puoi fare qualsiasi cosa – l’obiettivo è quello di far ridere – e alla fine dei 90 secondi c’è un’intervista che faccio io. Se hai fatto ridere, l’intervista ha la funzione di esaltare la tua personalità e capire quali sono i tuoi punti di forza e magari anche analizzare il pezzo che hai fatto.

Hai anche degli ospiti, giusto?

Sì, gli ospiti sono tutti comici molto affermati, molto bravi, ma non saranno giudici veri e propri, neanche io lo sono, sono un mezzo giudice assieme al pubblico, insieme collaboriamo, mentre gli ospiti hanno la funzione di parlare quando gli pare: se uno li stimola, possono fare una domanda, qualche battuta, nel caso gli abbiano fatto venire in mente una cosa, sono lì in un posto privilegiato, hanno solo l’obbligo di guardare e ascoltare ma non di parlare. Poi, alla fine della puntata, ci saranno degli sgabelli, due o tre, e col pubblico decidiamo chi è stato il più bravo della serata e probabilmente diamo la possibilità, dalla puntata successiva, di rifare 90 secondi diversi e rigiocarsi tutto.

Cos’è che ti cringia maggiormente della comicità?

Le cose finte, l’oversympathy. Quello che mi cringia di più è se ripenso a delle volte che io pur di far ridere non ho fatto ridere, quello mi fa ribrezzo.

Non esiste bon ton nella comicità?

Intanto c’entra il far ridere o non far ridere e qui possiamo parlarne per ore. Che cosa fa ridere? Le cose vere: ti potrei spiegare perché una caduta fa ridere.

Spiegamelo.

Perché dentro c’è la verità. Immaginiamo che ci sia un professionista incravattato che sta camminando, inciampa, e quando uno casca è incredibile come in faccia si spogli completamente, perché non si aspettava di cadere e mentre cade vedi una persona completamente vera, perché ha perso ogni difesa e sta chiedendo aiuto mentre cade. E fa ridere perché finalmente si è smontata quella messa in scena. Perciò fa ridere la caduta, perché rivela qualcuno senza più difese. E, in generale, il lavoro del comico è quello di togliere tutta la difesa, perché dietro la difesa c’è l’artificio e l’artificio non fa mai ridere. Per questo fanno ridere gli animali, perché gli animali sono un concentrato di spontaneità, ogni loro scelta è dettata da un istinto sincero mentre molte nostre scelte umane, spesso sono dettate da un vantaggio personale, dal voler apparire fighi, etc, e questo è tutto contro la comicità. Quindi per quanto riguarda il bon ton dipende: la volgarità è bella in bocca alle persone giuste.

Ti è mai capitato di stare davanti a un pubblico e non far ridere?

Hai voglia.

E che si fa?

Intanto diciamo che per imparare a far ridere devi prima non far ridere tantissime volte, se no non ci riesci. È non facendo ridere che capisci cosa fa ridere, in più nella volontà di far ridere, se non ti prendi il rischio di non far ridere non farai mai ridere, quindi fa parte del gioco. Io intanto provo sempre un’empatia verso gli altri comici e verso chi decide di fare questo mestiere, perché già la volontà di voler far ridere mi sembra abbastanza, a volte basta che non sfoci nell’oversympathy, quindi già il fatto che io ci abbia provato mi fa ridere di me stesso, di quanto sono tonto che pensavo che questa cosa facesse ridere. Poi se non fai ridere per tanto tempo può essere molto doloroso e il comico si nutre della risata, però la paura di non far ridere ti porta a fare delle cose in cui non credi, secondo me.

Non posso che chiederti se c’è stato un periodo difficile da gestire, un momento in cui hai sentito di non far ridere.

Io penso che vada a giornate, è come il meteo. A pensarci adesso mi fa impressione, nel 2027 saranno vent’anni che il mio primo scherzo telefonico è stato caricato sul web, frase che mai avrei immaginato di dire. Diciamo che uscire fuori dal web mi ha sempre lasciato un senso di inadeguatezza, di non essere abbastanza preparato per tutti i lavori che ho fatto, quello è stato difficile, piuttosto: credere sia al pubblico, sia a tante persone che mi dicevano “ma tu fai le stronzate su internet”. Per molto tempo ci ho creduto e penso sia stato un po’ un limite, quel pregiudizio mi ha dato molta insicurezza. Oversympathy è anche la mia redenzione dalle insicurezze: ultimamente, giusto per mettere in mezzo le mie fragilità, ho il sospetto che io abbia iniziato a fare il comico per non essere scoperto. Io ho fatto la pipì a letto fino a 14 anni ed ero terrorizzato dall’idea che lo venissero a scoprire i miei amici, era un incubo e quindi era come se lottassi contro questa vergogna, le risate colmavano quell’insicurezza. Con Oversympathy, diversamente da tutte le cose che ho fatto, ho meno paura.

È un modo per lottare contro la Sindrome dell’impostore che mi pare stessi descrivendo prima?

Esatto, non c’è problema a non essere all’altezza, perché se no come fai a migliorare? Questo vorrei che lo pensassero anche tutti quelli che si presentano, perché più pensano così e meno persone oversympathy avremo.

Mi fai venire in mente l’impossibilità di fallire, cosa che oggi sembra non essere perdonata.

O sei bravo subito o vai via, lo detesto, perché sai quanti bravi ci siamo persi? Ovviamente questo ti fa capire quanta costanza devi avere per poter fare questo mestiere, perché devi essere continuamente sul pezzo, vorrei solo che ci fosse un po’ più di tempo. In più lo spettacolo lo faremo in club da 200 posti, quindi sarà un posto più protetto, dove si può rischiare di più, nel frattempo che sei al sicuro.

Questa quarta stagione di LOL è piaciuta molto ma l’opinione generale è che solo la prima resti imbattibile. È un problema di personaggi più deboli o di format soggetto a usura?

Non avere idea di quello che sta accadendo in un contesto come LOL ha un vantaggio enorme sia per i comici che per il pubblico, per questo la prima stagione è stata più efficace. Noi stessi, avendo visto al massimo solo qualcosa delle edizioni estere, non sapevamo come muoverci e cosa aspettarci. Mi ricordo, quando ho finito quell’edizione, che parlavo molto di Elio, mi sembrava di aver fatto una cosa divertente, ma non pensavo assolutamente che avrebbe avuto il successo che ha avuto. È stato un vantaggio per noi che l’abbiamo fatto e per il pubblico che l’ha visto per la prima volta.

Qual è la formula vincente di LOL?

L’idea del format è fantastica perché è un vero e proprio esperimento antropologico, quindi dico sempre che a LOL è come se entrassero dieci cani in una stanza che si annusano di continuo il sedere. È un gioco gerarchico basato pure sulla sudditanza psicologica e a seconda del clima che c’è, si farà più o meno ridere, insomma non basta la qualità. È come se formassi una squadra di campioni, pigli tutti da Messi e Cristiano Ronaldo, ma non è detto tu vinca. E la stessa identica cosa vale per il clima, che te lo fanno l’allenatore, gli autori, tutti quelli che ti mettono nelle condizioni di performare. La cosa bella è che è assolutamente improvvisato, per la gran parte è un gioco di reazione. In America si dice acting is reacting. Resta un appuntamento annuale che sarà sempre interessante da vedere con comici diversi. Poi tutti vorrebbero l’emozione della prima, ma una volta che scopri l’America, quando ci torni lo sai già cos’è. Però è sempre l’America, no?

Chi chiameresti per il prossimo LOL?

Mi piacerebbe tanto vedere in azione uno come Checco Zalone, che è un campione della comicità. Pensa a quanto è strana la vita: Zalone, con tutti i record che ha fatto, a noi pubblico ci ha tolto la possibilità di vedere più cose che avrebbe potuto fare perché l’asticella ormai si è alzata e oggi come oggi difficilmente accetterebbe di fare una cosa del genere.

Solo lui?

Sarebbe stupendo in qualche modo vedere i comici non in vita. Tipo Totò, uno dei più grandi comici della storia del mondo insieme a Chaplin. Lo potrebbe fare anche da solo, lui che deve giocare a farsi ridere.

In questa edizione chi ha funzionato di più?

In generale, LOL funziona molto sui tipi come Rocco Tanica, che è uno che ha reso tanto perché del tutto dissonante. Alcune volte uno potrebbe avere l’illusione che sia matematico che un comico forte faccia bene anche dentro. Dipende. A me piacciono quasi tutti i comici, non discrimino niente e nessuno, ma amo più le dinamiche che si generano tra tipi di comicità diverse, gli incastri e il modo in cui possono comunicare, o meno, tra loro.

Tanica molto efficace, è vero. Chi invece ha retto meglio il contesto?

In questa edizione Diego Abatantuono era come se fosse la Gialappa’s in un solo corpo dal vivo, che vedeva le cose, le smontava e le rimontava. È stato fantastico.

Spalla a spalla con Fedez nel momento più caldo della sua vita privata e professionale. Cosa hai capito meglio di lui e cosa pensi di tutto ciò che si è detto sulla sua situazione social e familiare?

Fedez è un ragazzo estremamente intelligente, se la caverà sempre. La sua assoluta fame di successo, mossa da un grosso senso di rivalsa, a volte nella vita gli ha fatto prendere la strada sbagliata. Probabilmente anche l’essere troppo legato al fatturare gli ha portato un po’ di grane. Secondo me adesso si sta riassestando e fra un po di tempo vedremo una versione più matura e interessante di lui. Attualmente trovo che sia un po anacronistico quello che sta facendo, è un attimo incastrato, però è talmente in gamba da rendermi certo che qualcosa di buono ne verrà fuori.

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