Storie Web domenica, Giugno 23
Notiziario

La stagione della moda maschile si è aperta a inizio settimana con Pitti Uomo, per proseguire da ieri a Milano con le sfilate del prêt-à-porter. Le due iniziative sono, incomprensibilmente, entità separate, ma è pur vero che l’aria dei tempi è la stessa per tutti, e che chi fa moda magicamente converge ogni volta su temi, stimoli, riflessioni se non simili, di certo contigui. È presto per azzardare, ma l’attenzione per l’interiorità, e il suo riflesso sul vestire, si alza. Quando tutto va a rotoli, del resto, è naturale chiudersi in se stessi, ancor più oggi che la socialità digitale esaspera individualismo e narcisismo.

Moschino, la collezione per la PE 2025

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Adrian Appiolaza, neo direttore creativo di Moschino, svela per la prima volta la sua visione del maschile per la maison – un maschile che si liquefà in modo naturale nel femminile, e lo accoglie – immaginando, in quella che a tutti gli effetti è la sua seconda sfilata, un viaggio, del tutto interiore, dalla costrizione del suit da bancario al nirvana del paradiso ritrovato, qualunque esso sia, con tanto di giacche e camicie passate al tritadocumenti. Dal blazer al pareo, il succedersi delle individualità, espresso attraverso una serie di personaggi che sono tipizzazioni di caratteri umani, ondeggia – sotto il titolo Lost & Found – attraverso una serie di archetipi moschineschi che altro non sono se non classici stravolti.

Dal trench sbilenco alla camicia che sviluppa colletti sulle maniche, passando per lo smiley schiaffato finanche sulla cravatta e la giacca da sopravvivenza urbana, è tutto un refresh di gag note, non troppo distante dal lavoro che Rossella Jardini ha portato avanti per anni. Appiolaza ha mano nel fare i vestiti e un gran senso del volume ma è come se al momento il suo immaginario si fosse arenato in archivio, sicché la cifra personale ne risulta rallentata. Ci vuole, certamente, solo del tempo.

DSquared, la collezione PE 2025

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I gemelli Caten, da DSquared2, sono anche loro in mood escapista, ma fanno deviare la ricerca di magia verso un sadomaso camp da discoteca pornosoft. La sequela di aggettivi non è da intendere in senso diminutivo: l’immaginario di DSquared2 è personale e inequivocabile. Lo si ama o lo si odia, ma non lascia indifferenti. A questo giro la temperatura della trasmissione è particolarmente alta, ma al di là del latex, delle cinghie e dei lustrini da torneo di wrestling, quel che colpisce è la delicatezza che si insinua, la allure sognante di certe trasparenze.

Setchu, al secolo Satoshi Kuwata, si conferma cavallo di razza. Non deroga dall’astrazione sartoriale che caratterizza il suo lavoro, crasi progressiva di oriente e occidente, ma la evolve il una direzione più sensuale, finanche sexy, come testimoniato dalle giacche e camicie con lembi che si piegano su se stessi, alla stregua di pezzi di un foglio strappato. Pierre Louis Mascia – che però sfila a Firenze, debuttando in passerella a quindici anni dal lancio della linea che porta il suo nome – cita infine il manifesto programmatico de Il Cavaliere Azzurro, il movimento artistico fondato da Kandinsky nel 1911. Ivi si legge: «Nessuno di noi cerca di riprodurre direttamente la natura. Cerchiamo di dare una forma artistica all’universo interiore, cioè all’esperienza spirituale». Il sentimento è tradotto in un vorticare di stampe – sono il forte di Mascia, il cui passato è nell’illustrazione – su capi dalle linee fluide e spiccatamente unisex assemblati in modo spontaneo e istintivo, ad esprimere, appunto, una spinta psicologica ancora prima che estetica. Il risultato ha una energia fresca, ma il look è in qualche modo già visto e andrebbe ripensato, perché Mascia è araldo da tempi non sospetti di una immagine che altri hanno fatto propria, e così risulta paradossalmente in ritardo, non essendolo.

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