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Lamborghini a via Marina è il nuovo album di Vale Lambo, uno dei rapper che più hanno influenzato la nuova scena napoletana. Ne ha parlato con Fanpage.

Vale Lambo (ph Francesco Galgano per Fanpage)

Nella nuova scena rap napoletana che in questi anni è tornata protagonista in Italia un buon pezzo di merito ce l’ha anche Vale Lambo, al secolo Valerio Apice, che con le Scimmie, assieme a Lele Blade (e Yung Snapp come producer) creò un vero e proprio fenomeno, prima di tornare da solista e poi come membro di SLF, crew che oltre al nocciolo duro della band, comprende anche Mv Killa e Niko Beatz. Ma Vale Lambo è tornato qualche mese fa con un nuovo album, Lamborghini a via Marina in cui ancora una volta ha cercato di mettere un punto fermo, confermandosi come uan delle voci più interessanti del panorama nazionale. A Fanpage.it ha raccontato questo nuovo album e anche la sua crescita personale.

Da Mergellina a Via Marina. “Come il mare” era nato dopo una passeggiata a Mergellina, quando nasce Lamborghini a via Marina, invece?

L’ultimo album nasce da varie esperienze passate, ci ho messo tre anni per costruirlo. Lamborghini a via Marina nasce perché volevo un album completo e maturo, inserendo questo status che mi porto da Angelo: “Lamborghini a via Marina”, infatti, è una cosa che dico in quasi tutti i miei dischi e ho scelto questo titolo proprio per racchiudere questi tre anni di viaggio. È un disco scritto di getto, mi sono voluto divertire, un po’ come ho fatto con Le Scimmie: c’è un pezzo reggaeton con Rose Villain e Don Pero, uno alla Black Coffee, un po’ house, poi Baby U Want Me con Geolier, c’è un pezzo afro con MV Killa e poi le varie trappate, tipo quella con Lele, Rolex, e così via.

“Tutti i giorni mando cv e mi sento dire che sono troppo vecchia: mi sento in colpa e sono spaventata”

In 1991, c’è un riferimento familiare quando canti: “Mammà dice che ‘e scarpe stanno assaje, nun m”e accattasse, m”e vendesse”. Che immagini hai della tua adolescenza e in che momento hai sentito che la musica era la strada giusta da intraprendere?

A 18 anni ho iniziato a scrivere le prime cose sui quaderni, ricordo che stavo a scuola, uscì il film di Eminem e mi dissi che volevo cominciare anche io a scrivere qualcosa. Avevo un carattere introverso, mi trovavo meglio a scrivere che a parlare e pensai che forse era proprio quella la mia vocazione e da lì in poi cominciai questa cosa. Inizialmente fu per gioco, poi è diventato un lavoro.

Quando hai capito che qualcosa era cambiato?

Secondo me quando sono stato a Londra per tre anni, dopo Le Scimmie sentivo che c’era questo hype per il nuovo disco. Enzo (Chiummariello, il suo manager, ndr) continuava a chiudere date e io salivo e scendevo da Londra e a quel punto ho capito che stava diventando veramente un lavoro a tutti gli effetti, a quel punto ho scelto di tornare definitivamente a Napoli.

C’è anche la prima collaborazione con Noyz Narcos.

Sì, era contento di fare questa collaborazione e per me era un onore che mi scrivesse, appena lo ha fatto gli ho chiesto di vederci a Milano e abbiamo chiuso.

Tra i brani più ascoltati c’è sicuramente Bee, per la tua compagna, andato anche in tendenza su TikTok: da una parte com’è cambiato il disco anche grazie alla sua conoscenza?

Lei mi ha dato molta ispirazione a livello musicale perché mi ha fatto conoscere l’afro, che non ascoltavo, e molti pezzi alla Black Coffee, alla Drake, che faceva quel genere lì, come l’ultimo “Honestly, nevermind”. Poi lei viene da un altro contesto, abita a Londra, e lì si è sempre ascoltato rap, lo fanno fin da piccoli.

In un post Instagram hai scritto: “E vote penso ca’ sto tropp annanz’ pe’ l’Italia” (“A volte credo di stare troppo ave ti per l’Italia”). Come mai?

Sono troppo avanti perché alcuni viaggi mentali che mi faccio credo che la gente non li abbia capiti ancora, oppure li capirà più in là. Come Last night che ha sfondato dopo un po’ di tempo dall’uscita, oppure ‘O mare in Come il mare, quindi ho la sensazione di stare più avanti dell’ascoltatore.

A un certo punto canti: “O ssaje primma eravamo 20 mo traseno ‘e sord cash, e ‘e cumpagne mo so’ 5”. Ovvero?

In questi anni ho fatto un po’ i conti con chi mi era amico davvero e chi no, ed era amico a convenienza. Quando subentrano determinate dinamiche, tipo egocentrismi vari, contratti di major, etc, c’è chi si fa sentire di più e chi si fa sentire di meno, e chi si approfitta di queste cose: davanti ai soldi tutti si scannano, pure i fratelli di sangue. Era questo che intendevo.

Mi racconti un po’ il rapporto con la famiglia, la SLF? Come siete cresciuti?

La fam è nata da più di 10 anni, ormai. Prima eravamo 365 MUV, poi è diventata SLF perché alcuni membri sono usciti e alla fine abbiamo scelto di compattare tutto così. Siamo io, Niko Beatz, Yung Snapp, Lele Blade e Mv Killa, in cinque. Io andavo a fare le prime battute rap dietro al viale dove abitava Lele e da lì in poi abbiamo cominciato a frequentarci, lui lo faceva da molto, poi ho conosciuto Mv Killa, poi Snapp e Niko, che suonava i piatti.

Immagino che di questa famiglia allargata fa parte anche Geolier, andato a Sanremo con un pezzo in napoletano. Amadeus ha detto che ormai il napoletano è una lingua nazionale, dobbiamo ribadirlo ancora?

Se lo ribadisce è meglio (ride, ndr). Secondo me ormai si è sdoganata, sono contento che si sia aperto questo portone, grazie anche a Manu (Emanuele, vero nome di Geolier, ndr) che l’ha sfondato, sono fiero che abbia portato un pezzo napoletano.

Il 2024 sarà anche l’anno del live, no?

Facciamo un po’ di dj set in giro, però il mio sogno è fare un live vero e proprio, diamo spazio un altro po’ al disco e capiamo.

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