li Inca li consideravano animali divini e il loro vello era destinato solo alle vesti dei re. Ma quando i Conquistadores irruppero nella storia del Sud America, per le vicuñe niziarono secoli di sterminio: il chaco, l’antichissima tecnica di tosatura non violenta praticata dagli Inca, era stata sostituita da mere uccisioni per conquistare quel pelo così prezioso quanto scarso. Il piccolo camelide sembrava destinato all’estinzione finché negli anni Settanta i Paesi andini diedero vita alle prime riserve naturali.
In una di queste, la Reserva de la Biosfera de Laguna Grande, 650mila ettari di arido terreno a 4mila metri d’altitudine nelle Ande, al confine fra Argentina e Cile, nel 2007 il Gruppo tessile Schneider ha acquistato 100mila ettari per proteggere le vicuñe e poterne raccogliere il vello, riportando in vita, rendendolo contemporanea, la dimenticata arte del chaco: «Abbiamo dovuto mettere in sicurezza la zona, liberarla dai bracconieri, riuscire a fare in modo che le vicuñe potessero vivere serene, riprodursi e aumentare di numero, poi gestire e attrezzare il terreno per permettere loro di vivere in libertà e tranquille e potessimo avere strutture per radunarle una volta l’anno per la tosa – spiega Laura Ros, ad del gruppo nato nel 1922 e radicato nel distretto biellese -. Abbiamo imparato come radunarle, non è facile. Appena sentono, anche sottovento, l’odore degli esseri umani fuggono. Anche la tosatura richiede molta perizia: servono spazzole speciali, devono essere presenti dei veterinari, per evitare loro pericoloso stress. La tosa deve essere molto delicata e veloce, per liberarle subito».
Mancavano ormai anche i tosatori: Schneider allora, per formarli, ha portato artigiani delle comunità andine in Patagonia, dove da anni gestisce un programma di formazione per mestieri della lana in collaborazione con istituti locali. Oggi, dopo 18 anni di investimenti, lavoro e passione, Schneider è stata ricompensata con un risultato da record: la prima balla di Vicuña argentina Superfine, dell’eccezionale finezza di 11,7 micron e di lunghezza di 29,3 mm, di una calda tonalità che ricorda il caramello ma anche la sabbia di quegli alti deserti.
Per ottenerla sono occorsi anni di paziente raccolta, selezione ed “ejarratura”, processo che consente di separare le fibre più cornee da quelle più morbide e fini, nella Pettinatura di Verrone, manifattura d’eccellenza di proprietà del Gruppo Schneider, che possiede nove sedi (di cui quattro stabilimenti produttivi) in sette Paesi in tutto il mondo, ha una capacità produttiva di 14.500 tonnellate di lana e di oltre 600 tonnellate di fibre speciali e che nel 2023 ha fatturato circa 170 milioni di euro.
Ma la pregiata vicuña non è fonte di ricchezza solo per il gruppo: «Diamo il 20% della tosatura all’amministrazione locale, così che possa distribuirla agli artigiani della zona per permettere loro di alimentare le loro tradizioni tessili. Non abbiamo solo contribuito a salvare un animale dall’estinzione, ma anche delle comunità a migliorare il loro tenore di vita».