Storie Web sabato, Marzo 29
Notiziario

Spedizioni ferme. Ordini congelati. Magazzini degli interporti pieni di bottiglie. L’effetto-dazi americani si è già materializzato nel settore vino, dove da cinque-sei giorni le esportazioni verso gli Stati Uniti si sono letteralmente bloccate, dopo aver brillato negli ultimi mesi. Nessun container in partenza dai porti italiani (le bottiglie viaggiano solo via nave), grandi timori per quello che potrebbe accadere se dovessero entrare in vigore gli annunciati dazi trumpiani del 200% su vini e liquori europei dal 2 aprile prossimo. Per quella data, le bottiglie spedite oggi non sarebbero ancora arrivate o sdoganate sulla East Coast, con la conseguenza di porre il pagamento degli eventuali dazi a carico dell’importatore.

Spiega Sandro Sartor, presidente e managing director della Ruffino di Pontassieve (Firenze), che fa capo al gruppo americano Constellation Brands ed esporta negli Usa il 50% del fatturato (60 milioni di euro su 120): «La prima mossa è stata della catena di supermercati americani TotalWine, che ha scritto a tutti i fornitori europei per cancellare gli ordini sospesi, spiegando di non volersi assumere il rischio di pagare i possibili dazi all’arrivo della merce. Poi è stato il turno dell’associazione degli importatori americani, Us Wine Trade Alliance, che ha dato istruzione ai propri associati di interrompere tutte le importazioni dall’Europa». L’orizzonte è grigio: «Abbiamo 1 milione di bottiglie bloccate a Livorno, ci hanno cancellato tutti gli ordini del mese di marzo», sottolinea Sartor.

Le dinamiche della Ruffino sono comuni, con sfumature, a gran parte del settore. «Sì, in questo momento l’indicazione è evitare di spedire merci negli Stati Uniti», ammette Renzo Cotarella, amministratore delegato della Marchesi Antinori di Firenze, una delle più antiche case vinicole che esporta in Usa quasi il 15% del fatturato, 35 milioni di euro su 240. «A questo punto l’unica cosa da fare è aspettare il 2 aprile, sperando di poter riprendere le spedizioni subito dopo», aggiunge Cotarella spiegando che lo stock di vino presente sul mercato americano permetterà di soddisfare la domanda almeno per un paio di mesi.

Ma la preoccupazione cresce di ora in ora. I tre consorzi di tutela del Prosecco, tra i più grandi esportatori di vino negli Usa (quasi 150 milioni di bottiglie), hanno scritto una lettera congiunta al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida; lo stesso hanno fatto, insieme, i consorzi del Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Bolgheri e Barolo; mentre si è mosso da solo il consorzio del Chianti. Tutti denunciano la sospensione degli ordini da parte degli importatori americani e il grave danno economico e, in prospettiva, occupazionale che si sta realizzando e chiedono un intervento del Governo. In ballo ci sono quasi due miliardi di euro di export di vino dall’Italia verso gli Stati Uniti. Alcuni operatori, come la cantina trentina Cavit che esporta in Usa il 30% dei 250 milioni di ricavi, si sono già preparati a tamponare la ferita: «Per adesso non vediamo un vero blocco delle spedizioni – spiega il direttore generale Enrico Zanoni – ma negli ultimi cinque-sei giorni c’è stato un rallentamento degli ordini. Noi abbiamo già fatto vari scenari, ragionando su diverse percentuali di dazi».

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