Trent’anni fa, chiedendo a un giovane tra i 18 e i 34 anni la sua meta più ambita per un viaggio studio all’estero avrebbe risposto il Regno Unito e gli Stati Uniti. Oggi non è più così: il primo Paese ha perso terreno, anche, ma non solo, per effetto della Brexit, il secondo ne ha guadagnato un po’. E soprattutto sono emerse nuove mete che attirano chi vuole fare un periodo di studio all’estero, come l’Australia, il Canada e soprattutto i Paesi asiatici che registrano la crescita più forte. A dirlo è un’indagine che ha realizzato l’istituto di ricerca YouGov per conto di Wep, l’organizzazione che si occupa di scambi culturali e linguistici nel mondo ed è riconosciuta dal Ministero dell’istruzione e del merito.
Come cambiano le destinazioni
L’Osservatorio di Wep rileva un forte cambiamento nella scelta delle destinazioni e un impatto evidente delle nuove tecnologie. Negli ultimi 30 anni, quasi un italiano su tre ha partecipato a un viaggio studio all’estero. Tra i più giovani, la quota sale al 47%. Sarà per il lascito della Brexit, sarà per la globalizzazione e per l’emergere di Paesi come Cina e India, ma tra le mete più ambite si è passati dal predominio indiscusso di Stati Uniti e Regno Unito, alla crescita di destinazioni come Australia, Canada e Paesi asiatici. Dalla survey, che è stata condotta su un campione rappresentativo di 1.020 persone, la metà degli italiani (il 51%) pensa che le destinazioni offerte siano molto più diversificate del passato, di 30 anni fa, quando le mete più ambite erano il Regno Unito, come dice il 68% e gli Stati Uniti, indicati dal 43%. Pur essendo una destinazione ancora popolare, il Regno Unito registra un calo di 18 punti e viene indicato dal 50%, mentre gli Stati Uniti salgono al 57%. La metà degli italiani ritiene che la Brexit abbia influenzato in modo negativo la percezione del Regno Unito. In questa valutazione si distinguono la GenX e i Millennial: un terzo, il 32%, non la pensa così. Nel frattempo ha guadagnato terreno l’Australia che è passata dal 7 al 28% e il Canada salito dall’8 al 22%. A registrare la crescita maggiore sono i Paesi asiatici che dal 4% sono arrivati al 28%, con un picco del 41% tra i giovani tra i 18 e i 34 anni. «Per la prima volta, grazie a questa indagine, possiamo delineare la crescita significativa dell’esperienza dei viaggi studio negli ultimi anni: ben un italiano su tre ha scelto di intraprendere un percorso di apprendimento all’estero. Per gli intervistati, i viaggi studio rappresentano un connubio tra formazione, cultura ed opportunità globali, affermandosi come un vero e proprio ponte verso il futuro», afferma Lorenzo Agati, ceo e founder di Wep Italia.
La lingua primo criterio nella scelta della destinazione
A influenzare la scelta della destinazione è innanzitutto la lingua che si vuole imparare che è il criterio utilizzato dal 67% degli intervistati, con delle differenze tra le generazioni: questo criterio è infatti rilevante per gli over 55 (75%), meno per chi ha tra i 18 e i 34 anni (56%). Seguono le opportunità offerte dalla scuola e dalle Università, indicate dal 55% dei rispondenti e la cultura del Paese (34%). Altri elementi indicati sono il costo della vita, la reputazione delle istituzioni educative e la possibilità di networking. Tra i più giovani spuntano anche altri criteri, come quello ludico, indicato dal 26%, e la percezione di scegliere una destinazione cool, indicato dal 34%.
La digitalizzazione semplifica l’organizzazione dei viaggi studio
A rendere molto più semplice l’organizzazione dei viaggi studio all’estero è senza dubbio la digitalizzazione. Su questo tema, però, la percezione delle generazioni è diversa, anche perché molto diversa è l’esperienza: tra chi ha tra i 18 e i 34 anni lo pensa il 75%, mentre tra chi ha più di 55 anni l’85%. Oltre alla digitalizzazione, sui viaggi studio impatta anche la trasformazione determinata dal post pandemia. Se un terzo dei giovani tra i 18 e i 34 anni ritiene che la pandemia abbia rafforzato l’importanza di vivere esperienze formative all’estero, più di un quarto degli over 55 pensa che la pandemia abbia ridotto la propensione, soprattutto tra i più giovani, ad allontanarsi da casa. Sicuramente nell’organizzazione di un viaggio studio conta il supporto dell’organizzazione che viene scelta per 4 fattori principali: la qualità delle scuole e dei corsi offerti, come dice il 44% degli intervistati, il rapporto qualità-prezzo (39%), la sicurezza dei partecipanti (33%) e il supporto locale (39%). Comunque le priorità cambiano a seconda dell’età, per i più giovani il criterio principale è il rapporto qualità prezzo, per gli over 55, la qualità delle scuole.
Il fattore costo scoraggia ancora
Tra chi non è partito il principale ostacolo è rappresentato dai costi (44%): ancora oggi 4 italiani su 10 percepiscono queste esperienze come elitarie, un retaggio di quando le opportunità di studio all’estero erano più limitate e meno accessibili. Nei più giovani l’altro fattore che scoraggia è l’interferenza con il rendimento scolastico o accademico. Quasi la metà (45%) parla però di effetto positivo sulla media scolastica.