Un grande, bellissimo, disegno di legge. È il nome, scritto nero su bianco, dato da Donald Trump alla bozza di bilancio arrivata in Senato e già approvata alla Camera. Tra le prime vittime di questo nuovo bilancio federale ci sono le agenzie federali che sostengono la cultura: vengono eliminati i finanziamenti per il National Endowment for the Arts (Nea), il National Endowment for the Humanities (Neh) e la Corporation for Public Broadcasting (Cpb).
I tagli
Ma la conversione di un testo in legge prevede un’attesa, e il presidente Trump non è noto alle cronache per la sua pazienza: musei e biblioteche hanno infatti già risentito delle decisioni della nuova amministrazione, che ha eliminato con un ordine esecutivo l’Institute of Museum and Library Services (Imls), che portava in dotazione quasi 270 milioni di dollari.
Tagli ritenuti necessari per ridurre la spesa pubblica, ma che in realtà si inseriscono nel cappello più ampio di decisioni anti-cultura che il presidente sta portando avanti, e che hanno coinvolto anche i finanziamenti alle università di Princeton, Harvard, Columbia, Mit, Stanford e Brown. Inoltre, si tratta di spese che sul budget federale impattano poco: per quanto riguarda il Nea, le sue risorse rappresentano lo 0,1% del bilancio.
Gli effetti
Gli effetti si stanno vedendo soprattutto sulle comunità più vulnerabili e periferiche, in cui il sostegno privato è meno presente, e che ora si trovano private di servizi fondamentali come programmi di alfabetizzazione, accesso a risorse digitali e supporto educativo. In molti casi, le biblioteche hanno ridotto le loro attività o chiuso del tutto, e così i festival indipendenti e le piccole compagnie teatrali.
Anche le arti visive hanno subito un duro colpo: stando a quanto riportato dal «Washington Post», oltre 26mila opere d’arte pubbliche negli Stati Uniti sono rimaste prive di tutela in seguito alla chiusura di cinque uffici regionali della General Services Administration (Gsa), l’agenzia governativa incaricata della gestione operativa del settore pubblico. Non solo: il World Monuments Fund ha perso oltre 800mila dollari in sovvenzioni governative, compromettendo progetti di restauro e tutela in Paesi come Algeria, Benin, Egitto, Guinea Equatoriale, Sierra Leone, Ucraina e Iraq. La sospensione dei finanziamenti ha rallentato o bloccato numerosi interventi, lasciando molti siti storici vulnerabili al degrado e alla distruzione.