Dopo le tensioni su smart working e settimana corta, la compagnia assicurativa Unipol e i sindacati aziendali voltano pagina e riaprono il dialogo su basi costruttive, con l’intesa sul premio aziendale variabile (Pav). L’accordo siglato per la defiscalizzazione del bonus rappresenta qualcosa di più di una mera firma tecnica, raggiunta seguendo i dettami dell’Agenzia delle entrate. Come spiegano i sindacati (Fna, Snfia, Fisac, First e Uilca) in una nota ai lavoratori, ha anche una valenza politica. Innanzitutto interna, ma sicuramente anche esterna per la fase che si sta aprendo in Ania per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro: la compagnia, pur essendo uscita dall’associazione, continua ad applicarne il contratto e parteciperà al negoziato che si aprirà entro l’estate. Il contratto è scaduto alla fine del 2024 e i sindacati stanno ultimando la stesura della piattaforma rivendicativa.
Il premio
Venendo ai particolari dell’accordo, come si legge nel testo siglato, in giugno i lavoratori della compagnia riceveranno un premio medio di 1.850 euro, calcolato sul livello di riferimento, il 4°, da riparametrare sugli altri. Il premio aziendale del 2024 arriva dopo il raggiungimento di sei obiettivi su sette. I 1.850 euro derivano dalla somma dei 1.500 euro di base e dei 350 euro che erano stati introdotti lo scorso anno come quota aggiuntiva, legata allo smaltimento delle ferie e allo svolgimento della formazione obbligatoria “ex lege”, ossia su sicurezza, modello di gestione, antiriciclaggio e privacy. Un ulteriore aspetto rilevante dell’intesa è la garanzia degli stessi criteri di erogazione sia per il 2025 che per il 2026 con la possibilità di scegliere tra la modalità cash con tassazione agevolata, come previsto dalla normativa, e la modalità welfare attraverso la piattaforma Wellbee, senza trattenute fiscali. Si tratta di un accordo che traghetta i lavoratori al 2026, ma li lascia sempre in attesa del rinnovo organico del contratto integrativo aziendale (Cia) che risale a un decennio fa.
Il contratto integrativo e lo smart working
Proprio il Cia potrebbe essere la sede per affrontare il capitolo dell’organizzazione del lavoro dove il tema più spinoso rimarrà lo smart working. Nei giorni scorsi, a Milano, partecipando al Consiglio nazionale della Fabi, che ha chiamato a raccolta i grandi banchieri del Paese, il presidente della compagnia, Carlo Cimbri, ha ribadito la sua posizione sul tema: «Come tutte le innovazioni non sono mai positive o negative in assoluto – ha detto il manager -. Noi abbiamo scoperto il lavoro a distanza per un’emergenza, il Covid, poi si è tornati a una normalità. Se la domanda è se lo smart working può essere la nuova normalità dico no, io sono convinto di no. Può essere uno strumento che consente di raggiungere equilibri per facilitare alcuni percorsi di carriera? Sì». Entrando nel dettaglio Cimbri ha richiamato il forte dibattito in corso su come eliminare il gap di carriera e retributivo che riguarda le donne, su cui ricade «il carico di una famiglia e dei figli. È un carico che non si esaurisce in poco tempo e che fa sì che tante donne siano poi costrette a fare una scelta: i bimbi o la carriera. Ora possiamo usare lo smart working per sostenere le donne che vogliono fare carriera? Perché no? Ma deve essere un uso focalizzato, le imprese sono entità relazionali e questa dimensione sociale dell’impresa non si può replicare lavorando da remoto».