Il coach di Jannik Sinner spiega perché il team di Jannik Sinner ci ha messo così tanto a licenziare il preparatore Umberto Ferrara e il fisioterapista Giacomo Naldi dopo che era emersa la loro responsabilità nel caso doping al Clostebol.
Jannik Sinner è a Torino per le ATP Finals, circondato da un amore che lo avvolge e lo motiva ad andare avanti cercando di non pensare al ricorso della WADA per la vicenda doping al Clostebol, per la quale lo scorso agosto era stato completamento assolto dall’ITIA, non solo per assenza di colpa ma anche della minima negligenza. Non è facile per Jannik, con i tempi della sentenza del TAS che non saranno brevi e la mannaia di una possibile squalifica sempre presente sulla sua testa. Il ‘super coach’ di Sinner, Darren Cahill, spiega com’è andata davvero con Umberto Ferrara e Giacomo Naldi, rispettivamente preparatore e fisioterapista di Jannik: qualcuno si è chiesto perché i due membri dello staff del numero uno al mondo – su cui è ricaduta la responsabilità totale della contaminazione da pomata contenente il Clostebol – siano stati licenziati solo parecchi mesi dopo l’episodio, che risale a marzo durante il torneo di Indian Wells. L’allontanamento dei due è stato comunicato solo il 23 agosto, dopo che la vicenda era diventata di dominio pubblico in seguito alla fresca sentenza di proscioglimento dell’ITIA.
Cahill racconta cosa è successo con Ferrara e Naldi
“Perché ci abbiamo messo tanto a separarcene? Abbiamo saputo della positività prima di Monte Carlo (inizio aprile, ndr) – racconta Cahill – La priorità, subito, è stata capire cosa fosse successo. E lì è emerso l’errore non intenzionale di Umberto e Giacomo. A quel punto è partito il procedimento con ITIA e Sport Resolutions. Bisogna capire che è servito del tempo per ricostruire, nel frattempo abbiamo ritenuto di mantenere il team unito. Sono passati due o tre mesi. Dopo Wimbledon, Ferrara e Naldi non hanno più lavorato con noi. Ci sentivamo su una nave diretta verso un iceberg: dovevamo capire come navigargli intorno. Ma non c’è rancore per Umberto e Giacomo“.
Jannik Sinner con l’ex preparatore Umberto Ferrara dopo aver vinto a gennaio l’Australian Open
Nella ricostruzione degli eventi per spiegare la positività di Sinner – una ricostruzione ritenuta congrua dal tribunale indipendente dell’International Tennis Integrity Agency che lo ha assolto ed invece percepita con zone d’ombra dalla WADA che ha fatto ricorso e chiede per lui una squalifica di uno o due anni – i ruoli di Ferrara e Naldi sono centrali: è stato il primo ad acquistare in farmacia (con tanto di scontrino a provarlo) il Trofodermin, la pomata cicatrizzante contenente il Clostebol utilizzata poi dal secondo per curarsi un dito della mano e massaggiare senza guanti Jannik.
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Darren Cahill e Simone Vagnozzi sono i coach di Sinner
“La notizia della positività è stato il momento più basso nel 2024 – racconta Cahill al Corriere della Sera – La mail dell’ITIA è arrivata a Alex Vittur (l’amico manager di Sinner, ndr), che l’ha comunicata a Jannik. È tutto nelle 33 pagine della sentenza di proscioglimento. Quello è stato letteralmente uno shock. Umberto Ferrara e Giacomo Naldi sono stati a lungo due eccellenti membri del team: il loro errore è stato un fulmine a ciel sereno. Del tutto insolito rispetto alla professionalità dimostrata fin lì. Nessuno all’inizio riusciva a capire“.
Giacomo Naldi con Sinner: lui e Ferrara sono stati licenziati per la loro responsabilità nel caso Clostebol
“La sostanza trovata nelle urine di Jannik non ha a che vedere con il doping che altera le performance”
“Sappiamo che la squalifica è una possibilità, ma non c’è nulla che noi si possa fare per cambiare questa situazione – spiega il 59enne australiano – Quindi ci concentriamo sul lavoro quotidiano. Qualsiasi cosa succederà, Jannik l’affronterà con la solita maturità e compostezza. E noi faremo di tutto per proteggerlo. Il tennis è il suo posto sicuro, la sua bolla: in campo si diverte, sente che non può succedergli niente di male. Dobbiamo attendere la sentenza del TAS. È un argomento serio, non ci scherziamo sopra. Jannik va avanti a testa alta, intanto. L’ha detto la WADA stessa, appellando: la sostanza trovata nelle urine di Jannik non ha a che vedere con il doping che altera le performance. Non è in discussione la ricostruzione di come sia potuto risultare positivo: un errore di un paio di ex membri del team, senza alcuna responsabilità del giocatore“.