Storie Web mercoledì, Febbraio 5
Notiziario

Un’edizione «da record, con il più alto numero di espositori (723)» e della superficie espositiva (+12%), ma anche «molti compratori, selezionati, tra cui tantissimi francesi». Milano Unica, salone italiano dei tessuti e degli accessori di alta gamma, festeggia 20 anni e apre a Rho Fiera la sua 40ª edizione. Un appuntamento particolarmente significativo se contestualizzato nel momento di crisi che sta vivendo la moda e nella complessità del periodo storico: il consuntivo 2024, elaborato dall’Ufficio Studi di Confindustria Moda, infatti, vede un calo del fatturato realizzato dai tessuti made in Italy del 7,7% a 7,1 miliardi di euro. Il calo è generalizzato, ma è maggiore sui mercati esteri (-8,5%) rispetto al mercato nazionale (-5,2%). Oltre confine, però, il calo di volumi è più contenuto (-1,3%) evidenziando come, con tutta probabilità, a vincere siano i prodotti che non hanno alzato di più i prezzi. Non mancano le eccezioni: la Cina, che con Hong Kong assorbe più del 10% del fatturato derivante dalle esportazioni, cresce del 4,8 per cento in valore; sale anche l’export verso Vietnam e Sri Lanka, che assieme pesano per il 5 per cento.

L’anno che si è aperto da poco porta con sé più di un’incognita: «Il 2025 è iniziato con più ombre che luci – ha detto Simone Canclini, presidente di Milano Unica – ma rimango moderatamente ottimista per tre motivi: analisti qualificati prevedono un rimbalzo nell’ultima parte anno; confidiamo che il nostro governo approvi la normativa sull’ Epr per far sì che le aziende siano leader anche nella circolarità, un’arma in più per competere; gli imprenditori tessili hanno dimostrato di essere resilienti: ne usciremo più forti di prima».

Se dal titolare del ministero dell’Economia è arrivato un incoraggiamento generale – «Ripartiamo dalla solidità di un settore che sostiene in maniera significativa la crescita del Paese» ha detto Giancarlo Giorgetti in un videomessaggio, auspicando che «nuove e vecchie generazioni vadano gomito a gomito verso il futuro», Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, ha posto l’accento su due sfide chiave (anche) per il settore tessile-moda che vedranno il governo coinvolto in prima linea: le normative europee sulla sostenibilità e i dazi. «Una guerra commerciale non conviene a nessuno – ha detto Tajani – e il dialogo è il modo migliore per scongiurarla. Noi abbiamo buoni rapporti con la nuova amministrazione Trump e possiamo essere un ponte, anche per conto della Commissione europea». Sul fronte delle regole Ue, Tajani ha detto che «Ce ne sono troppe e sono piombo sulle ali delle imprese. La lotta al cambiamento climatico va fatta in un modo pragmatico».

Belloni (Lvmh Italia): «In corso un assestamento, va ripensata l’equazione del valore»

Anche Tony Belloni, presidente di Lvmh e da 23 anni sostanzialmente braccio destro di Bernard Arnault, è d’accordo sul fatto che le normative europee che impongono vincoli di sostenibilità siano un’opportunità e un impegno, a partire dalla Csrd, la direttiva Ue che entra in vigore già da quest’anno (sul bilancio 2024) per le aziende di grossa dimensione: «La Csrd sfida che richiederà uno sforzo, ma per imprese europee può essere un punto di forza, a patto che ci sia maggiore dialogo con le imprese. Queste normative implicano una mole di lavoro e costi importanti». Costi che le aziende del lusso, in questo momento, devono tenere sotto controllo vista la situazione del mercato del lusso: «Non credo sia un cambio strutturale – dice Belloni – ma un assestamento congiunturale. Nel 2025 un 70% delle geografie mondiali ripartiranno in maniera moderata sia per mercati interni, come nel caso degli Stati Uniti, sia spinti dal turismo. In questo contesto è importante ripensare l’equazione del valore: l’euforia post Covid era generata dalla privazione precedente, tutti compravano senza guardare i prezzi e le aziende hanno alzato i prezzi oltre l’inflazione. Negli ultimi 18 mesi i consumatori hanno ricominciato a fare scelte: lo dimostrano gli outlet dove le vendite sono cresciute del 7%, gli sconti saliti per assorbire gli inventari, il second hand cresciuto in doppia cifra e il trading down, con decine di milioni di consumatori, spesso i più giovani, che hanno cominciato a guardare brand diversi». La soluzione, secondo il presidente di Lvmh è che i brand ritrovino «la dimensione di originalità che hanno un po’ perso: c’è stanchezza nel sistema, tutti hanno fatto cose simili tra influencer, celebrities, pop up. Il marchio va riempito continuamente rinnovandosi. L’industria del lusso è ispirata dal consumatore ma guidata dalla creatività: abbiamo l’obbligo di creare un sogno».

Gritti Tamburi (Tpi): «Decisivo fare sistema per dare forza alle Pmi»

Se Belloni parla da «capo filiera», Alessandra Gritti Tamburi, vicepresidente e ad di Tamburi Investment Partners, dà voce alle medie imprese: «Oggi bisogna concentrarsi sulla creatività:veniamo da anni in cui andare in scia alle aziende del lusso era facile, ci siamo un po’ appiattiti. Non credo sia un momento di crisi, quanto di spostamento geografico e di rincosolidamento», dice la manager. Che sottolinea la centralità del “fare sistema”: «Dobbiamo fare sistema e diventare per tenere in vita le piccole aziende che, da sole, non potranno mai dialogare con i grandi gruppi, per una questione di capacità di investimento e di tempistiche. Le direttive? Dovevano partire più soft, hanno costi di implementazione impressionanti: le piccole realtà non possono rispettare questi canoni perchè non sono strutturate, serve gradualità».

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