Nella Terra dei fuochi solo il 6% degli interventi previsti dai piani di bonifica sono stati eseguiti. Dei 7.200 ettari di terreni agricoli sottoposti ad attenzione, la maggior parte sono ancora da verificare e comunque, tra quel 10% circa che è stato controllato, già sono stati individuati 500 ettari pericolosi per la coltivazione. Mentre sul terreno dei 90 comuni ricompresi in quest’area disgraziata della Campania giacciono ancora oggi, a cielo aperto, 33mila tonnellate di rifiuti da rimuovere. Che sono un’enormità.
Questi sono solo alcuni dei punti scritti nero su bianco nella relazione che il commissario unico per la Terra dei fuochi, il generale dei Carabinieri Giuseppe Vadalà, ha appena consegnato al governo dopo 60 giorni di ricognizioni sul campo. Dentro c’è molto di più: dalla lista delle aree da cui bisogna partire con più urgenza alle indagini che ancora oggi sono in corso per reati di inquinamento. Un elenco nudo e crudo, che è la fotografia di quanto da anni i comitati civici dei cittadini campani vanno dicendo: e cioè che per tutelarli non è stato fatto abbastanza.
Il commissario era stato nominato dal governo italiano il 19 febbraio scorso, dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo, con una sentenza storica, aveva condannato l’Italia per non aver tutelato a sufficienza dall’inquinamento ambientale la salute dei 3 milioni di cittadini residenti nella Terra dei fuochi. Ora che la relazione è pronta, si può partire con il nuovo piano delle azioni di contrasto e di bonifica, per le quali il tribunale di Strasburgo ha concesso al nostro Paese due anni di tempo. I soldi necessari? «Ad oggi non abbiamo una cifra esatta, ma è comunque nell’ordine delle centinaia di milioni», dice il generale Vadalà.
Andiamo con ordine. Il vulnus più grosso riguarda la bonifica delle discariche e dei siti contaminati, sulla cui tabella di marcia siamo molto indietro. Dei 293 siti elencati nel Piano di bonifica che la Regione Campania ha più volte aggiornato tra il 2013 e il 2024, ad oggi solo il 6% degli interventi è stato eseguito. A questo bisogna aggiungere più o meno un 7% di interventi almeno avviati. Il resto, però, è tutto ancora da fare. Non solo: il 65% dei siti addirittura deve ancora essere caratterizzato, cioè bisogna individuare l’esatto mix di sostanze inquinanti e come trattarle.
Per quanto riguarda il settore agricolo, dei 58.761 ettari coltivabili ricompresi nei comuni della Terra dei fuochi – a cavallo della provincia di Napoli e di quella di Caserta – circa 7.200 ettari sono stato valutati a rischio potenziale, più o meno grave. Di questi, quelli inclusi nelle categorie di massimo rischio, e quindi da sottoporre a indagine con urgenza, sono circa 1.200 ma di questi ne sono stati esaminati 800: «Degli 800 esaminati – dice il commissario – 91 ettari sono già stati interdetti a ogni attività di coltura perché accertati come inquinati». All’appello, però, mancano tutte le altre pagelle.