Storie Web domenica, Maggio 19
Notiziario

In un’intervista Fanpage.it, il capogruppo di Iv alla Camera Davide Faraone, commenta la scelta di Elly Schlein di appoggiare il referendum della Cgil sull’abolizione del Jobs Act. Una riforma che il deputato difende e su cui ricorda “lo stesso Pd votò a favore. Ora insegue il M5s. Mi sembra un partito senza spina dorsale, ma spero in un soprassalto degli amici riformisti”.

“Il Pd è passato dalla vocazione maggioritaria a quella da ruota di scorta”, così il capogruppo di Italia Viva alla Camera Davide Faraone, intervistato da Fanpage.it, commenta la decisione della leader dem Elly Schlein di firmare il referendum della Cgil per l’abolizione del Jobs Act, la riforma sul lavoro promossa dall’allora governo Renzi. “Ma un partito in cui la segretaria afferma: “Molti Pd firmeranno, altri no, io firmo”, può definirsi un partito o piuttosto un casino?”, chiede il deputato. “A me sembra un partito senza alcuna spina dorsale”, dice rincarando la dose.

Sulle sorti del partito che nel 2019 lasciò per aderire a Italia Viva, Faraone non ha dubbi: “Da questo punto comincia la storia del Pd a 5 stelle. Insomma Conte (con Landini) ha il volante in mano, il Pd segue”. Da qui il consiglio ai riformisti dem, sulla scia delle stesse parole con cui anche Matteo Renzi negli scorsi giorni si è rivolto a quell’ala del partito: “Spero ci sia un soprassalto di orgoglio da parte di tanti amici, ma lo vedremo dopo le europee”. E sulle critiche al Jobs Act, Faraone risponde: “Il triennio dal 2015 al 2017 fu un periodo di notevole crescita degli occupati. I numeri parlano chiaro. Da chi la pensa diversamente vorrei dati, non chiacchiere, dati precisi e puntuali le mettano in discussione ciò che dico”.

La leader del Pd ha annunciato la firma al referendum della Cgil per l’abolizione del Jobs Act, una riforma fatta da un governo dem, con a capo l’allora segretario Matteo Renzi: come legge lei questa scelta?

Perché nel Pd c’è chi critica Elly Schlein per la firma al referendum della Cgil sul Jobs Act

La transizione del Pd è finita, in campo c’è un altro partito, che di riformista non ha più nulla. Prima stavano tutti con Renzi, per il Jobs Act, per industria 4.0, e adesso tutti con Elly, contro il Jobs Act e tutto il resto. Poi tutti con Zingaretti a fare ostruzionismo contro il reddito di cittadinanza proposto dal governo Conte 1, poi tutti con Elly e “il reddito di cittadinanza è uno strumento di civiltà”. Tutti con Gentiloni e i memorandum con la Libia per gestire l’immigrazione e poi tutti addosso alla Meloni quando li rinnova. Tutti con Zan sui matrimoni arcobaleno e Boldrini sull’aborto e poi evviva Tarquino e le famiglie formate solo da uomo e donna ed evviva la sua idea di sospendere la 194 per cinque anni. A me sembra un partito sentenza alcuna spina dorsale. Nel 2014 quando alla Camera ed al Senato approvammo il Jobs Act, il gruppo Pd votò a favore con convinzione. Ricordo, ad esempio, le dichiarazioni entusiaste di Andrea Orlando, che allora era ministro della giustizia. È in corso una rimozione collettiva, che non riguarda tanto Elly Schlein, che a suo modo è coerente, ma tanti miei colleghi della ormai cosiddetta area riformista.

A tal proposito, Renzi ha lanciato un appello alla corrente riformista, chiedendo come faccia a restare nel Pd, e ha detto che finalmente c’è chiarezza sulla posizione del partito (da parte dei sussidi, non del lavoro): anche lei crede che una parte del partito dovrebbe staccarsi?

Nel Pd la leadership cambia e si porta sempre dietro una dose di novità. Talmente grande a volte da snaturare le ragioni stesse della sua nascita. E poi ci sono tutti quelli che cambiano idee appresso alle leadership. Il trasformismo di chi ti dice ma cosa vai via a fare? Le battaglie si fanno da dentro. E poi non solo non combattono ma diventano sostenitori di tutto ed il suo contrario.
Un partito che rinnega il Jobs act, Industria 4.0, che insegue il M5S tanto da diventare i ‘forcaiolo’, che cosa può avere di riformista? A mio avviso nulla, ed i temi su cui baso i miei giudizi, sono tanti, anche relativi a tanti passaggi parlamentari recenti, sulla giustizia, sulla situazione internazionale. Spero ci sia un soprassalto di orgoglio da parte di tanti amici, comunque lo vedremo, subito dopo il turno elettorale delle europee.

La decisione della segreteria arriva dopo quella del leader dei Cinque Stelle annunciata il 1º maggio. Gli scorsi giorni lei ha dichiarato che così Schlein “pone fine alla storia riformista di quel partito e ne comincia un’altra di segno opposto, che la omologa al M5S”. La segretaria insegue Conte?

Ma un partito in cui la segretaria afferma a proposito dei referendum della Cgil: “Molti Pd firmeranno, altri no, io firmo”, può definirsi un partito o piuttosto un casino? E di un dirigente che dice: “la segretaria l’ha sempre pensata così, ma la sua firma non impegna il partito”, che ne pensate? Il Pd è passato dalla vocazione maggioritaria a quella da ruota di scorta. Guardi le recenti regionali, dove Conte ha imposto i suoi candidati, tutto è filato tranquillo, come in Sardegna. Quando il Pd ha tentato di far avanzare un candidato non del M5S, è successo un pandemonio. Insomma Conte (con Landini) ha il volante in mano, il Pd segue.

Schlein ha giustificato la sua scelta spiegando che fosse uno dei punti cardine del programma presentato alle primarie, da cui poi uscì vincitrice contro Bonaccini. Visto com’è andata un anno fa, lei vede qualche logica elettorale, in vista delle europee, nel battersi contro il Jobs Act?
La Schlein è coerente, si sono persi i riformisti. La mia amica, ed ex ministra Madia, ha colto nel segno, l’adesione al referendum della Cgil avviene anche per ‘Damnatio memoriae’, ovvero per compiere un passaggio, che non preveda ritorno, una linea di demarcazione. Qui c’era il partito riformista. Da questo punto comincia la storia del Pd a 5 stelle.

Dall’altra parte accusano il Jobs Act di aver reso il mercato del lavoro più precario, come rispondete a queste critiche?

Quelli che contrastano il Jobs Act da quali dati evincono che sarebbe la legittimazione del precariato? Grazie a questo strumento secondo i dati istat sono aumentati i posti di lavoro e anche i contratti a tempo indeterminato. Da chi la pensa diversamente vorrei dati, non chiacchiere, dati precisi e puntuali le mettano in discussione ciò che dico. Io cito l’Istat, loro?

Renzi in diverse occasioni ha dichiarato che “la riforma ha consentito l’assunzione di più di 1 milione e 200mila persone”. L’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, che durante il governo Renzi contribuì alla stesura del Jobs Act ha dichiarato invece che “Chi dice che la riforma ha creato un milione di posti di lavoro dice una scemenza”. Come commenta queste parole?

Degli effetti degli interventi sul mercato del lavoro si è molto parlato in questi anni e molto rumore si continua a fare. A livello aggregato, il periodo del Jobs Act (2015-2016 e 2017) è stato un triennio con notevole crescita degli occupati. I numeri parlano chiaro. Il nuovo contratto ha chiaramente reso più flessibile il mercato del lavoro e aumentato la mobilità di imprese e lavoratori. Ripeto, ragioniamo sui numeri e non con occhiali ideologici.

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