Storie Web domenica, Giugno 23
Notiziario

La prima rottura si è consumata nel voto del 29 maggio. La seconda si sta materializzando ora, con un’intesa che sarebba apparsa impensabile anche alla vigilia della urne. Il Sudafrica, l’economia più industrializzata del Continente, si avvicina a un «governo di unità nazionale» retto sull’intesa fra African national congress e Democratic Alliance: il primo e il secondo partito del Paese, l’ex forza di Nelson Mandela e la sigla liberal che raccoglie consensi soprattutto nell’elettorato bianco. L’accordo dovrebbe garantire la rielezione del presidente in uscita e leader Anc Cyril Ramaphosa, dopo lo shock delle parlamentari dello scorso 29 maggio e il tonfo dell’Anc intorno al 40% dei consensi. L’equivalente di 10 punti percentuali sotto l’asticella della maggioranza, una discesa che ha imposto all’Anc la ricerca di una coalizione a suo sostegno nella prossima legislatura.

Anc e Da hanno incassato rispettivamente 156 e 87 seggi, una quota che già sfonda la soglia minima di 200 seggi su 400 e sarà arrotondata dai quasi 30 in arrivo da due partiti minori: I 17 dell’Inkatha Freedom Party e 9 della Patriotic Alliance. «Per la prima volta dal 1994, ci siamo imbarcati in una transizione di potere pacifica e democratica di un nuovo governo che sarà differente dai precedenti» ha dichiarato il leader della Dc John Steenhuisen, in un intervento televisivo. C’è chi ne è meno convinto, con le opposizioni alla sinistra dell’Anc che assicurano battaglia e i dubbi sulla tenuta stessa di un inedito politico con diverse incognite sul suo futuro.

La vittoria della linea centrista e l’agenda «sulla crescita»

Ramaphosa ha riconosciuto l’esito delle urne e accettato il trauma della perdita della maggioranza, la fine di un’egenomia che si trascinava dal 1994. Gli scenari sullo sfondo oscillavano fra la ricerca di appoggio alla sinistra e alla destra dell’Anc, il partito nazionale che ha dissipitato il consenso – anche – emotivo degli anni di Mandela. Gli investitori temevano una coalizione sbilanciata sulla sinistra radicale, formata dallo stesso Anc con gli Economic Freedom Fighters dell’ex membro del partito Manema e, soprattutto, l’innesto del Mk Party: un soggetto lanciato e guidato da Jacob Zuma, il presidente travolto dai suoi scandali di corruzione nel 2018 e tornato alla ribalta in un exploit che gli è valso il terzo posto nel voto di fine maggio.

Alla fine ha prevalso una linea centrista, scandita dall’intese senza precedenti fra l’ex partito di Mandela e la stessa Da: la forza di intonazione liberal che raccoglie consensi soprattutto nell’elettorato bianco, uscito dalle ultime urne con una quota di consensi intorno al 20%. Il mercato ha già mostrato il suo gradimento, prezzando lo scenario di una maggioranza capace di rilanciare la prima economia africana per dimensioni. Il Johannesburg Stock Exchange, la principale borsa africana, ha chiuso la seduta in rialzo di oltre un punto percentuale, mentre il rand ha guadagnato terreno sul dollaro. «Un governo di unità nazionale è il risultato migliore e dovrebbe sfociare nella continuità sulle policy di riforma, riduzione dei costi del capital e attrazione degli investimenti esteri diretti» ha dichiarato in una nota Jon De Vos, Senior, analista degli investimenti per le Emerging Market Equities del gestore Federated Hermes.

L’entusiasmo si riversa soprattutto sulle inclinazioni pro-mercato della Da e le sue ambizioni di riforma, ma la coalizione dovrà prima misurarsi con la formazione effettiva del governo e le incognite che pendono sull’economia nazionale. Un documento visionato dall’agenzia Reuters fa emergere un programma che include crescita «rapida, inclusiva e sostenibile», la promozione di investimemnti in capitale fisso e industrializzazione, più alcuni snodi cruciali nel dibattito politico: la spinta al lavoro in un’economia piagata da tassi elevatissimi di disoccupazione, riforma della proprietà terriera, riforme strutturali e «sostenibilità fiscale». Le premesse sono quelle di un’economie che arranca a ritmi di mezzo punto di crescita l’anno, soffre tassi di corruzione fuori controllo ed è pervasa da disuguaglianze che hanno cristalizzato l’apartheid istituzionale in una segregazione economica della maggioranza nera.

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