Storie Web sabato, Agosto 2
Notiziario

La fedeltà al suo mare, Castiglioncello, Patria dell’anima per lo statista fiorentino Giovanni Spadolini. L’acquisto della Torretta, con vista sulla baia del Quercetano, l’affetto della gente comune, come il pescatore Libero che lo portava in barca da piccolo. E quando Spadolini diventa premier si reca a palazzo Chigi per denunciare a quel bambino che ha tenuto in collo il torto subito sulla pensione. In occasione del centenario della nascita di Giovanni Spadolini ricordiamo l’uomo delle istituzioni, il politico, il giornalista, l’intellettuale fiorentino nel suo rapporto con Castiglioncello, luogo di vacanza di tutta una vita. Un viaggio nei luoghi del cuore accompagnati dal professor Cosimo Ceccuti, allievo prediletto di Spadolini, ora presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia. Un posto dove ogni anno viene assegnato il premio di cultura politica Giovanni Spadolini, che quest’anno è stato conferito al fisico e premio Nobel Giorgio Parisi.

La fedeltà a Castiglioncello

«Il mio sodalizio col tratto di costa che da Livorno porta a Cecina e oltre», scriveva Giovanni Spadolini nella prefazione di un libro sulla Toscana, «risale agli inizi degli anni Trenta, dal primo affacciarsi sul mare scoglioso di Antignano, nell’estate del 1930, alle successive estati trascorse con costante fedeltà a Castiglioncello, a cominciare da quelle più lontane nella villa di famiglia là sulla baia del Quercetano, accanto alla Cuccetta cara alla memoria di Renato Fucini, a quelle più recenti dell’ultimo trentennio legate alla Torretta».

Luogo dell’età favolosa

«Spadolini – racconta Ceccuti – viene a Castiglioncello quando aveva cinque anni, in una casa dello zio al Quercetano, praticamente accanto alla Cuccetta, la villa di Renato Fucini. Lui è sempre rimasto fedele, fino alla fine della vita, a Castiglioncello. Anche se d’estate aveva pochi giorni per la vita da statista, li trascorreva a Castiglioncello». Per lui «era il luogo dell’età favolosa dove andava in barca con lo zio per la pesca, dove soprattutto seguiva il padre incisore e pittore, che andava per i paesaggi, sulle brughiere, nelle campagne intorno a Vada a ritrarre quegli stessi paesaggi che erano stati cari ai macchiaioli». Ceccuti racconta che la casa dello zio di Spadolini era molto grande, con una torretta, «affacciata con un panorama meraviglioso sulla baia del Quercetano, dove si gode, come da poche altre parti d’Italia, il tramonto del sole che si getta rosso nel mare. E lui è stato lì fine anni 50. Era il 1960 e comprò la Torretta, che sta a mezza costa, sulla baia del Quercetano. E la comprò perché la torre gli ricordava la torre della casa del nonno a Pian de Giullari, nelle campagne vicino a Firenze, sulla collina di Arcetri. E quindi ritrovava quel suo passato, quando il ragazzino di nove, dieci anni si arrampicava su questa torre per scrivere i suoi primi libri o racconti. Ecco allora a Castiglioncello volle ricostruire l’habitat di Pian de Giullari, perché in fondo per lui i luoghi dell’età favolosa erano questi: l’estate in campagna, nella casa del nonno sulle colline fiorentine e il mese d’agosto a Castiglioncello, nella casa dello zio».

Il pescatore Libero di Vada e il torto sulla pensione

Spadolini era amato e rispettato dalla gente comune, come il pescatore Libero di Vada. «Quando andava a pescare nella barca dello zio, c’era un pescatore che conduceva la barca. Si chiamava Libero. Figura tipica di pescatore di queste parti. Era, viveva e tutti lo chiamavano Libero da Vada. Quando Spadolini era presidente del Consiglio Libero, che aveva avuto un torto nel trattamento pensionistico però pensò di andarsi a far aiutare dal suo amico, da quel bambino che aveva tenuto in collo nella barca e che adesso era a capo del Governo italiano. Così Libero si recò a Roma, andò a Palazzo Chigi e chiese di parlare con il presidente dei Consigli. Naturalmente – sottolinea Ceccuti – sia per la sua apparenza, sia per il modo di parlare non fu preso inizialmente in considerazione. Ma lui non si mosse di lì e disse: “Dite a Spadolini che c’è Libero da Vada”. Alla fine il presidente fu informato, gli andò incontro, lo abbracciò con l’affetto di un tempo e naturalmente si occupò del torto che aveva subito. Così Libero tornato a casa diceva “Vedete Spadolini mi ha ricevuto e mi ha risolto il problema”».

La politica deve essere una casa di vetro

Ma perché di tanta popolarità? «Quando era stato il Governo – ricorda il professor Ceccuti – aveva combattuto e vinto il terrorismo, aveva ridotto l’inflazione, aveva dato un ruolo internazionale all’Italia. Ma soprattutto ciò che lo rendeva popolare fra la gente comune e che lo rende popolare ancora oggi, nel suo ricordo, era l’onestà. La politica, diceva, deve essere una cassa di vetro dove chiunque può controllare e vedere. Quando lui lasciò Palazzo Chigi e quindi la presidenza del Consiglio ricordo un articolo del suo amico Indro Montanelli che diceva: Spadolini quando esce dalle stanze del potere lascia dietro di sé quel profumo di bucato del sapone di Marsiglia, di quando le nostre nonne lavavano a mano i lenzuoli». Un ricordo analogo a quello di Ilaria Piancastelli, che gestisce i Bagni Ausonia a Castiglioncello: «Quando avevo nove anni mio padre ha inaugurato la terrazza sopra il ristorante La Lucciola. Per l’occasione era intervenuto anche Spadolini con la scorta. Dopo che me l’hanno presentato, lui molto carinamente mi ha abbracciata e io sono sprofondata in quella camicia di lino bianco molto profumato. È stato un bel momento».

Condividere.
© 2025 Mahalsa Italia. Tutti i diritti riservati.