Storie Web mercoledì, Maggio 21
Notiziario

Come nei safari si dà la caccia (sempre più fotografica, fortunatamente) ai big five, nelle miniere si cercano le big three: animali da un lato, gemme dall’altro, uniti dall’essere preziosamente rari. La domanda delle tre pietre più desiderate – rubini, smeraldi e zaffiri blu – è in costante aumento, soprattutto dopo il Covid: secondo un recente report di The Business Research Company, la vendita globale di gemme crescerà a un tasso medio annuo del 6,3% entro il 2029, passando a 42,7 miliardi di dollari di giro d’affari dai 33,4 miliardi stimati per il 2025.

L’intensità di questa caccia è confermata anche dalle tendenze di acquisto nelle aste: lo scorso dicembre, a New York, Sotheby’s ha battuto un anello con un raro rubino Burma per 5,5 milioni di dollari, dunque più del doppio della stima più alta. Il 27 maggio a Hong Kong Christie’s batterà due favolosi anelli: quello con lo zaffiro blu “Regent Kashmir”, che si stima potrà raggiungere i 12 milioni di dollari, l’altro con l’eccezionale “Royal Ruby” che ci si attende toccherà i 10. Anche queste cifre che saranno superate molto facilmente, grazie a una caratura, qualità e provenienza fuori dal comune.

L’anello con il “Regal Ruby” che sarà battuto da Christie’s a Hong Kong il 27 maggio

Tuttavia, mentre per l’oro e i diamanti l’industria ha dato forma a protocolli e certificazioni che sostengono la eticità della filiera, per esempio con Fairmined e il Kimberley Process, questa strada verso la trasparenza per le big three gemme di colore sembra ancora debolmente tracciata. A sostenerlo è un altro report, “Understanding the global supply of emerald, ruby and sapphire”, pubblicato lo scorso febbraio da Gemfields, una delle maggiori compagnie estrattive di gemme del pianeta, e realizzato da GeoGems, stimata società di consulenza del settore, che ha intervistato oltre 100 fra aziende ed esperti.

Insieme alla concorrente Fura Gems, nata nel 2017 e basata a Dubai, Gemfields (fondata nel 2007 e con sede a Londra) è l’unica azienda del settore ad aver adottato un sistema di tracciabilità delle gemme estratte dalle sue miniere in Africa e Sud America, basato su una tecnologia blockchain messa a punto nel 2019 da Gübelin, che testimonia l’eticità di ogni sua fase di lavorazione e commercializzazione. Una scelta importante in un’industria caratterizzata, come dimostra il report, da una drammatica scarsità di informazioni sulla quantità, qualità e movimenti delle gemme nel mondo per essere tagliate, lucidate e messe in commercio. A definire questa situazione sono diversi fattori: fra i più rilevanti, si legge, il fatto che tali dati potrebbero influire sulla percezione della rarità delle gemme stesse, o che potrebbero attrarre mire geopolitiche.

È quello che è accaduto, per esempio, in Mozambico, che con la scoperta dei primi giacimenti di rubini alla fine degli anni Novanta, e le sanzioni comminate poco dopo al governo militare del Myanmar, che ne era fra i primi esportatori, è diventato il primo produttore mondiale: nella zona di Montepuez, sia Gemfields sia Fura Gems possiedono miniere che periodicamente devono interrompere la produzione per i disordini conseguenti gli attacchi dei gampeiros, organizzazioni di minatori illegali.

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