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Notiziario

Per cercare gli ospedali migliori d’Italia bisogna andare a Trento, dove la pagella ministeriale sui livelli essenziali di assistenza (Lea) squaderna voti quasi pieni, 97 punti su 100. Per ottenerla, però, la Provincia autonoma spende 1.4342 euro a cittadino, cioè il 24,1% in più della Toscana che nel monitoraggio dei Lea ha solo un punto in meno (1.081 euro a testa, 96 punti); nel confronto con il Veneto (1.061 euro), che le tallona a 94 punti, la distanza cresce al 26,5%.
La diversa dimensione demografica naturalmente incide sul dato della spesa pro capite, ma questo fattore non può certo essere invocato per spiegare, ad esempio, i numeri mostrati dalla Campania; che spende quanto il Veneto, ma ottiene 22 punti in meno (72) nell’analisi della qualità dei servizi, o dalla Provincia di Bolzano, regina della spesa (1.562 euro a cittadino) destinata a ospedali che offrono però i servizi tra i peggiori d’Italia (62 punti, gli stessi del Molise, meglio solo di Sardegna e Valle d’Aosta).
Nell’eccellenza, che si può circoscrivere sopra quota 90 punti, oltre all’Emilia-Romagna si incontrano anche le Marche, che tuttavia dedicano all’area ospedaliera solo 972 euro pro capite: gli stessi della Sardegna penultima in classifica con 60 punti, il minimo per la sufficienza.

Costi e benefici

La sezione Autonomie della Corte dei conti prosegue nell’evoluzione sostanziale delle analisi sulla spesa pubblica territoriale avviata da qualche anno, e nella nuova relazione sulla gestione finanziaria di Regioni e Province autonome (delibera 15/2025; si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri) propone una chiave di lettura che può rivelarsi cruciale nel dibattito intorno alle sorti della sanità: in una discussione che fin qui si è concentrata sui livelli di finanziamento, nel gioco delle cifre che si alzano in termini assoluti e si rivelano invece assai meno vivaci nel loro rapporto con il Pil, ma si è quasi disinteressata della qualità della spesa.
Grafici e tabelle elaborati dai magistrati contabili gettano luce proprio su questo aspetto. Che è evidentemente centrale, perché è ovvio che se non si guarda ai livelli effettivi dei servizi si rischia di finanziare l’inefficienza. Infatti, come mostra la relazione per tabulas, spese uguali possono sfociare in servizi parecchio diversi.

Bilanci e livelli essenziali

Per costruire questa analisi che correla costi e benefici, la Corte poggia sui dati ufficiali più solidi a disposizione. La spesa è ricavata direttamente dai bilanci regionali, mentre i risultati di servizio sono quelli appena fotografati dall’ultimo monitoraggio sui Livelli essenziali di assistenza pubblicato dal ministero della Salute il 5 maggio scorso.
L’esame dei Lea radiografa a tutto campo la sanità, sintetizzando i risultati in tre pagelle dedicate all’area distrettuale (dalle liste d’attesa agli anziani trattati in Rsa) e agli ospedali. In ciascuna delle tre aree, il punteggio va da zero a 100, e chiede di arrivare a 60 per indicare almeno la sufficienza: cioè l’intensità di servizio considerata indispensabile per garantire il diritto all’assistenza sanitaria, tutelato dall’articolo 32 della Costituzione. A garantirlo non bastano i soldi, evidenzia la Corte dei conti mostrando quanto spesso impegno finanziario e risultati siano scorrelati.

L’assistenza territoriale

Degli ospedali s’è detto. Il discorso cambia poco quando si guarda alla medicina territoriale.
Lì primeggia ancora una volta il Veneto, che ottiene 96 punti con un costo per cittadino da 1.312 euro: poco più dei 1.288 euro a testa sostenuti dalla Sicilia, con risultati però riassunti da un modestissimo punteggio di 44, meno della metà rispetto al Veneto. La Lombardia, che in questi mesi ha battagliato parecchio in polemica con i criteri del monitoraggio ufficiale, ottiene 76 punti, cioè 20 in meno del Veneto, spendendo solo un euro in meno pro capite all’anno (1.311 euro), mentre il panorama più preoccupante arriva dalla Valle d’Aosta che con 1.353 euro di spesa per cittadino non riesce ad andare oltre un modestissimo punteggio di 35.

Prevenzione da migliorare

Sempre più importante, anche se meno voluminosa sul piano finanziario, è poi l’area della prevenzione, che misura i risultati della sanità territoriale in attività come le coperture vaccinali dei bambini, gli screening degli adulti e i controlli contro la contaminazione di alimenti, farmaci e fitofarmaci.
Anche qui è il Veneto a svettare, dopo aver guadagnato in tre anni 18 punti nel monitoraggio ufficiale sui Livelli essenziali di assistenza che l’hanno portato a raggiungere 98 punti, gli stessi riconosciuti anche alla Provincia di Trento. Ci è riuscito con una spesa di 104 euro all’anno per cittadino, superiore a quella trentina (97 euro) ma inferiore a quella della Campania, che con 119 euro pro capite raggiunge a stento la sufficienza, di Bolzano che con 117 euro alla sufficienza non ci arriva (98 punti) e della Sicilia che sprofonda a 49 punti. La Calabria spende poco meno di Trento (95 euro contro 97), ma con soli 41 punti si conferma la Regione con i livelli di servizio peggiori.

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