Sono 66 le procedure di infrazione aperte dall’Unione europea contro l’Italia attualmente in corso. Di queste, 27 afferiscono a temi come ambiente (23 procedure) ed energia. Tra le ultime in ordine cronologico, comunicate dalla Commissione lo scorso 17 luglio, c’è quella rivolta all’Italia – che coinvolge anche Bulgaria, Estonia, Spagna, Irlanda, Lituania, Austria, Slovacchia e Finlandia – e riguarda gli obblighi imposti dal regolamento sul metano (UE) 2024/1787: il nostro Paese non ha ancora designato e notificato a Bruxelles, l’autorità competente per monitorare e garantire il rispetto delle norme, cosa che avrebbe dovuto essere fatta entro il 5 febbraio scorso. Il regolamento in questione, approvato nel 2024 nel “rush finale” della legislatura che ha visto l’approvazione di alcune delle norme chiave del Green Deal, ha come obiettivo il miglioramento della misurazione e della trasparenza nella comunicazione delle emissioni di metano nei settori del petrolio greggio, del gas naturale e del carbone.
Costi e contenziosi
Secondo la Commissione europea il mancato rispetto degli obblighi europei è costato all’Italia, fino a ora, 800 milioni di euro. Tra le cause che l’Italia ha perso – e che, a seguito di una condanna “in secondo grado” in base all’articolo 260 del Tfue, tuttora prevedono il pagamento di sanzioni – ce ne sono alcune “storiche” che, secondo fonti interne alla commissione Ambiente della Commissione Ue, hanno perfino fatto scuola e costituito uno spunto per impostare successive legislazioni europee. Molte riguardano la (cattiva) gestione dei rifiuti: sono passati oltre vent’anni da quando, nel 2003, la Commissione europea ha aperto, contro l’Italia, la procedura di infrazione 2003/2077 per non aver applicato correttamente quanto previsto dalle le direttive 75/442/CE sui “rifiuti”, 91/689/CEE sui “rifiuti pericolosi” e 1999/31/CE sulle “discariche”.
Due sentenze (C-135/05 e C-196/13) hanno confermato il mancato rispetto della norma Ue e la Corte di Giustizia, nel 2013, ha riconosciuto che l’Italia ha violato l’obbligo di recuperare i rifiuti e di smaltirli senza pericolo per l’uomo o per l’ambiente con riferimento a circa 200 discariche, e imposto al nostro Paese il pagamento di sanzioni: una somma forfettaria di 40 milioni di euro e 42,8 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nella messa in regola. Che non è ancora avvenuta. Tra le procedure più vecchie ancora aperte – per cui l’Italia paga sanzioni – figurano anche 2004/2034 relativa alla cattiva applicazione degli articoli 3 e 4 della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane e la 2007/2195 Emergenza rifiuti in Campania.