La prima serata di Roberto Benigni su Rai1 era attesa con un pizzico di scetticismo. Dopo anni di successi debordanti ed eventi grandiosi tra Dante e Costituzione, nelle ultime stagioni il Benigni televisivo veniva percepito come una sorta di gabella, una tassa da pagare. Fatta questa premessa, anzi forse anche in virtù di essa, il monologo di Roberto Benigni dedicato all’Unione Europea si è rivelato una sorpresa.
La forza, la decisione con cui l’attore si è esposto in questa prima serata ha fatto dimenticare il tiepido intervento di Sanremo 2025, quando ci si era chiesti legittimamente se il mattatore avesse ancora il piglio di una volta. Il piglio resta e anzi Benigni riesce a costruire una sontuosa serata dedicata a quello che, apparentemente, è percepito come il più noioso e impalpabile dei temi: la grigia e tanto vituperata Unione Europea, inerme sparring partner di politici di ogni estrazione che negli ultimi anni hanno attribuito alle istituzioni europee qualsiasi genere di responsabilità.
L’intreccio casuale con l’attualità politica
Benigni “riporta la chiesa al centro del villaggio” su Rai1 e per una sera mette in pausa Telemeloni con “Il sogno”. Lo fa quasi per caso, trovando un tempismo impensabile nell’intrecciarsi con l’attualità politica. Mentre nel pomeriggio la premier Meloni alla Camera ha sostanzialmente dileggiato il Manifesto di Ventotene, scritto da tre antifascisti perseguitati dal regime e mandati al confino, considerato uno dei testi più importanti dell’europeismo, Benigni lo celebra senza se e senza ma, magnificando l’Unione Europea, le sue radici il sistema di valori su cui si fonda: “L’Unione Europea è la più grande costruzione istituzionale, politica, sociale, economica, degli ultimi 5mila anni realizzata dall’essere umano sul pianeta Terra”. Parole, le sue, che sembrano una replica al dileggio della premier, anche se il monologo stesso di Benigni è stato scritto molto prima e registrato giorni fa.
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Tra Trump e Troisi, “Il sogno” di Benigni su Rai1
Un punto di vista nitido, cristallino, in contrapposizione netta a qualsiasi idea di barriera, ostacolo, di quelle divisioni da cui sono maturati i conflitti. Dazi compresi, con un affatto velato riferimento a Trump che apre a una citazione di Non ci resta che piangere e dell’amico Troisi: “Chi siete? Che cosa portate? Un Fiorino. Quanto ci siamo divertiti a fare quella scena con Massimo”. Non mancheranno le critiche le spaccature per questa serata così esplicita e in apparente controtendenza alla direzione in cui sembrano andare i voleri, forse i capricci, di chi tiene le redini del mondo in questo momento storico.
“L’avvenire è dei curiosi di professione”, recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia.
Renzo Arbore è il mio profeta.