Storie Web mercoledì, Giugno 11
Notiziario

Benedetti i prodotti monastici. C’è li compra nelle botteghe dei conventi e chi – soprattutto dal Covid in poi – li acquista online sui siti creati da diversi monasteri e sulle piattaforme specializzate, come Holyart (oltre 160mila ordini annui). C’è anche chi li va a scoprire in occasioni speciali, come Vini d’Abbazia, l’unico evento italiano dedicato a queste produzioni (si è svolto dal 6 all’8 giugno a Fossanova) con oltre 3mila visitatori. E infine chi ne impara le ricette, protagoniste di format televisivi di successo, come “La cucina delle monache” e “Le ricette del convento”, entrambi su Food Network.

«La fiducia nell’esperienza millenaria dei conventi e la riscoperta della naturalità hanno acceso l’attenzione sulle produzioni monastiche, oggi molto richieste» conferma Frate Ezio Battaglia, erborista dell’Antica Farmacia Sant’Anna di Genova (nata nel 1650) e popolare volto della tv e dei social. Sono oltre un migliaio le persone che ogni anno gli chiedono un consulto (gratuito) alla farmacia del convento, dove cinque addetti si occupano delle spedizioni degli oltre 100 prodotti, realizzati in gran parte nei laboratori interni, e che spaziano dai rimedi curativi (antistress in testa) alle tisane fino al tradizionale sciroppo di rosa a uso alimentare (best seller).

Nei conventi sono nate blasonate eccellenze del made in Italy (come il Grana Padano) e si continuano a realizzare prodotti frutto di mani sapienti, come le confetture delle monache trappiste di Vitorchiano, il miele dei Carmelitani scalzi di Loano, le birre dei benedettini di Cascinazza e le miscele di caffè tostato a legna del monastero del Silenzio di Barberino di Mugello.

Molte di queste specialità non sono però realizzate nella tranquillità dei chiostri ma fuori di essi, da aziende (spesso piccole o artigianali) a cui i monaci mettono a disposizione il loro sapere. «Quando sono diminuite le vocazioni, sono stati gli stessi frati a proporci di occuparci della produzione sulla base delle loro ricette», afferma Marco Sarandrea, titolare dell’omonima distilleria di Collepardo, fondata nel 1918 per valorizzare gli studi erboristici di un frate cappuccino. Da allora continua a lavorare le erbe officinali a ciclo completo e a usarle per liquori di tradizione monastica, come quelli dei frati di Montecassino. Ma non è tutto monastico quel che lo sembra.

Nelle botteghe conventuali si possono trovare anche prodotti “firmati” da un monastero ma che in realtà sono realizzati da aziende specializzate secondo ricette industriali “standard”, identiche per ogni convento. Poi ci sono casi-limite, come il cioccolato dei benedettini delle Tre Fontane di Roma che, a differenza della loro birra, non può essere definito “trappista” perché il marchio è stato registrato da un’azienda.

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