Giovedì scorso, in contemporanea, sono state pubblicate 853 pagine di radiografia puntuale del Pnrr, divise tra le 693 della sesta relazione semestrale del Governo trasmessa ieri al Parlamento e le 160 del rapporto della Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulle amministrazioni dello Stato. Tanta mole di informazioni è caduta pressoché nel vuoto, segno di un crollo dell’interesse intorno al Piano giunto proprio ora alle fasi decisive per l’attuazione. Se ne è accorto lo stesso ministro titolare della delega, Tommaso Foti, che in un’intervista all’Agi domenica scorsa ha lamentato il clima di polemiche e «disfattista ironia» da parte delle opposizioni, ma ha anche chiamato la maggioranza a fare di più per «non lasciar passare il messaggio che tutto è fermo o è irrimediabilmente in ritardo». Un invito corale a «remare tutti nella stessa direzione».
Il rischio che il Pnrr diventi strumento di campagna elettorale
Anche perché, ad avere la pazienza di leggere i ponderosi documenti ufficiali, accanto alle tante misure che procedono secondo la tabella di marcia, emergono senza veli gli affanni di interventi che saranno centrali quando bisognerà tracciare il consuntivo sugli effetti reali degli investimenti multimiliardari finanziati del Pnrr. Una bomba che potrebbe esplodere nelle mani del Governo al momento sbagliato. È lo stesso Foti, infatti, a evocare il timore che «la strategia dell’opposizione sia quella di dare battaglia fino alle elezioni politiche». Chiaro il messaggio: il Pnrr rischia di essere strumento di campagna elettorale, soprattutto se non si riusciranno a centrare gli obiettivi. «Non si può accelerare la spesa per decreto», dice il ministro.
L’allarme sulle comunità energetiche
Più che decreti, infatti, serve un monitoraggio attento e senza reticenze da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’attuazione del Piano, come sottolinea a più riprese la magistratura contabile nel report della sezione presieduta da Mauro Orefice. Proprio in quel documento emergono le difficoltà di una serie di filoni che si aggiungono a quelle evidenziate nella relazione governativa. È il caso delle comunità energetiche per cui «i dati – rimarca la Corte dei conti – non appaiono certo confortanti»: a fine 2024 sono state dichiarate ammissibili 580 domande, 479 erano sotto esame e 114 annullate. Tutte queste istanze sviluppano una potenza teorica di 103,989 megawatt, cioè quasi 17 volte meno del target di 1.730 Mw fissato dal Pnrr. La prova del nove arriva dalla spesa: 44,98 milioni sui 2,2 miliardi previsti (il 2%). Nelle prossime ore si capirà la capacità di recupero messa in campo con il nuovo avviso pubblico per l’accesso agli incentivi che si è chiuso alle 18 di ieri.
Acqua e perdite sulle reti, il Sud in affanno
Lo «stato dei fatti» impone, secondo i magistrati contabili, di «prendere atto dell’impossibilità di raggiungere l’obiettivo complessivo» anche per il target della riduzione delle perdite idriche. Qui l’obiettivo, già riformulato a fine 2023, è di realizzare almeno 45mila chilometri di nuove reti, soprattutto al Sud dove però i lavori sono quasi tutti in estremo ritardo.
Traballa il target sugli insediamenti abusivi in agricoltura
Una «presa d’atto dell’insufficiente sviluppo del progetto, così come varato e asfitticamente sviluppato fino al giugno 2024» deve investire per la Corte anche l’obiettivo del superamento degli insediamenti abusivi in agricoltura, già affidato a un commissario straordinario che ha chiesto uno slittamento di 15 mesi del target finale, fissato a ieri. Rinvio che però non solo deve essere accolto a Bruxelles (passaggio tutto da verificare), ma che secondo la magistratura contabile sarebbe insufficiente «ad di là della tralaticia formula della proroga».