Finora 7mila lavoratori hanno fatto richiesta per accedere a Quota 103. La stima del governo era che i neo-pensionati sarebbero stati 17mila in tutto l’anno: potrebbero essere meno della metà. Il problema è il ricalcolo dell’assegno e i lunghi tempi d’attesa. L’anno prossimo la misura potrebbe essere riconfermata, ma si parla anche di Quota 41.
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Quando, nella scorsa legge di bilancio, il governo Meloni ha confermato Quota 103 per il 2024 con delle modifiche, è stato chiaro che la nuova misura sarebbe stata più penalizzante: i requisiti di età e contributi non cambiavano, ma la finestra di attesa per ricevere effettivamente l’assegno si allungava di alcuni mesi e, soprattutto, l’importo della pensione si abbassava con il ricalcolo contributivo. Evidentemente, se ne sono accorti anche i lavoratori e le lavoratrici: solo 7mila, finora, hanno fatto richiesta per Quota 103, sia nella sua forma dello scorso anno che in quella attuale.
Cosa aveva previsto il governo e come è andata in realtà
La stima fatta dal governo Meloni era che, in tutto il 2024, le adesioni sarebbero state 17mila per la nuova misura. Mancano ancora circa quattro mesi alla fine dell’anno, ma sembra decisamente difficile che ci sia un boom di richieste in autunno tale da recuperare la differenza. Alla fine, potrebbero essere poco meno o poco più della metà di quanto previsto dall’esecutivo.
Perché molti hanno deciso che Quota 103 non conveniva
Sul perché la misura sia stata un flop finora, è facile darsi risposta. Innanzitutto, i tempi. La finestra mobile di attesa è stata alzata a sette mesi per il settore privato, nove mesi per i dipendenti pubblici. Quindi, considerando che serve un minimo di 41 anni di contributi per accedere a Quota 103, si può effettivamente lasciare il lavoro con 41 anni e sette (o nove) mesi di contributi versati.
Pensioni, di quanto aumentano gli assegni a dicembre 2024 e per chi
Aspettando solo poco di più, però, si ha accesso alla pensione di anzianità prevista dalla legge Fornero. Questa scatta a 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini, un anno in meno per le donne, e la finestra di attesa in questo caso è di solo tre mesi. Ad esempio, un dipendente del settore privato potrebbe scegliere se lasciare il lavoro con Quota 103 a 41 anni e sette mesi di contributi, oppure con la pensione di anzianità a 43 anni e un mese: solo un anno e mezzo di differenza, per ricevere un assegno più alto. La differenza è ancora più bassa se si guarda a una lavoratrice nel pubblico: 41 anni e nove mesi con Quota 103, 42 anni e un mese con la pensione di anzianità, solo quattro mesi di attesa in più.
Un anticipo, anche di pochi mesi, potrebbe essere apprezzato se non fosse che Quota 103 richiede anche una riduzione dell’assegno. Il ricalcolo contributivo, infatti, non penalizza molto chi ha avuto uno stipendio più o meno simile per tutta la sua carriera, mentre l’assegno risulta decisamente più basso per chi ha avuto una busta paga più pesante negli ultimi anni.
Cosa può cambiare con la Manovra 2025
Per il prossimo anno, il governo Meloni dovrà decidere come intervenire sulle pensioni con la legge di bilancio. I fondi a disposizione sono pochi, e si potrebbe anche decidere di rinnovare semplicemente Quota 103 alle condizioni attuali, anche riducendo i fondi a disposizione, visto che le adesioni sono state più basse del previsto. La stima fatta lo scorso anno era che per la misura sarebbero servito 149 milioni di euro nel 2024, 835 milioni nel 2025 e 355 milioni nel 2026.
Sulle pensioni però sta insistendo molto la Lega, che nelle scorse settimane ha rilanciato il progetto di Quota 41. Questa avrebbe diversi aspetti in comune con Quota 103 (soglia di 41 anni di contributi, ricalcolo con riduzione dell’assegno), ma eliminerebbe il limite di età anagrafica. Dato che, però, potrebbe trattarsi di una riforma decisamente costosa, è possibile che il governo se deciderà di vararla inserisca dei paletti aggiuntivi. Ad esempio, potrebbe avere l’accesso a Quota 41 solo chi ha accumulato un anno di contributi prima di compiere 19 anni.