Cavoli, che business! Vale 805 milioni di euro alla produzione il comparto italiano delle brassiche, di cui l’Italia è tra i primi cinque produttori mondiali nonché uno dei maggiori esportatori. Un quinto dei 684 milioni di kg disponibili di cavoli, cavolfiori, broccoli friarielli e cime di rapa vengono venduti all’estero, generando 253 milioni di euro di giro d’affari. Una cifra che fa delle brassiche il secondo ortaggio e il quinto prodotto ortofrutticolo per valore dell’export, dietro mele, uva, kiwi e insalate ma davanti ai ben più noti e blasonati pomodori.
A fare il punto su quest’interessante comparto, tanto significativo in termini economici quanto sottostimato come espressione del made in Italy agricolo, è stata la prima giornata nazionale delle brassiche, che ha coinvolto ricercatori universitari, case sementiere, produttori e retailer, alleati nella convinzione della necessità di una maggiore valorizzazione di quest’eccellenza agricola italiana.
Dei consumi interni un 20% va alla ristorazione, un 14% all’industria alimentare e il restante 66% è destinato al mercato al consumo, dove le brassiche rappresentano circa il 6% delle quantità e il 5% della spesa delle famiglie nel mondo degli ortaggi. Gli italiani acquistano perlopiù cavolfiori e broccoli (52% a volume) e cime di rapa (27%) ma apprezzano anche i prodotti di tradizione locale, come il cavolo nero toscano e i friarielli napoletani, oppure quelli tipici delle cucine etniche, come il kale. Anche i consumatori esteri comprano soprattutto cavoli e cavolfiori, ma amano anche cavoli rapa e cavoli ricci, tanto che il 40% della loro produzione viene venduta all’estero, e in particolare in Germania, primo mercato di sbocco dove si raccoglie il 47% del valore dell’export.
Il saldo della bilancia commerciale italiana delle brassiche è ampiamente in positivo e l’export ha un trend favorevole. Tra 2010 e 2023 le esportazioni sono aumentate del 12% a volume e sono raddoppiate a valore, con un’accelerazione del 33% negli ultimi quattro anni. Un rush determinato da un lato dall’affermazione della cucina “verde” e dall’altro dalla riscoperta nutrizionale globale di cavoli & co, che, in virtù delle loro comprovate proprietà salutistiche, li ha portati nell’olimpo dei superfood.
In Italia, invece, le brassiche sono ancora considerate poco più di una semplice commodity. «Siamo all’anno zero del percorso di valorizzazione delle brassiche in chiave di origine (con le Igp, come quella recente del Cavolfiore della piana del Sele e quella in itinere dei broccoli friarielli napoletani), di sviluppo dell’offerta di prodotto confezionato e di ampliamento della gamma, dai prodotti crudi mondati a quelli già cotti» afferma Mario Schiano Lo Moriello, analista di Ismea. L’innovazione, agricola e industriale, si sta già facendo strada, con il lancio di nuove versioni surgelate e fresche (quarta e quinta gamma), di versioni elaborate (come pesti e minestre) ma anche di prodotti rivolti al crescente mondo delle diete plant based.