Un inseguimento continuo che genera ansia, frustrazione e dispendio di energie e di investimenti. Perché quando si è quasi lì in procinto di raggiungere l’evoluzione tecnologica del momento – oggi ancora quell’intelligenza artificiale che domina l’interesse dei mercati e di riflesso dei piani marketing – ecco che questa paradossalmente si allontana. Ma qualcosa sta lentamente cambiando, erodendo quell’ossessione verso la connettività permanente. Nel nuovo rapporto Accenture Life Trends 2025, giunto al suo diciottesimo anno, tra le cinque macro-tendenze globali destinate a ridefinire le relazioni tra individui e aziende c’è ovviamente ancora quella relazione difficile – per mutuare un concetto caro al mondo dei social media – tra tecnologie e persone. Ma in maniera diversa. «A livello globale siamo arrivati a un punto di svolta nel nostro rapporto con il lavoro, nelle relazioni sociali e nell’uso della tecnologia. Gli effetti a catena di questi cambiamenti influenzano tutto: dalle nostre interazioni con i brand al modo in cui cresciamo i nostri figli, portando a un profondo riequilibrio nel nostro rapporto con il mondo digitale», afferma Alessandro Diana, managing director di Accenture Song per Italia, Europa Centro-Orientale e Grecia.
Disorientati dall’intelligenza artificiale
Ma entriamo nella ricerca. Uno dei punti chiave è legato alla dignità del lavoro messa a dura prova dalle pressioni aziendali, dai progressi tecnologici e dalle dinamiche in continua evoluzione. Con l’ingresso dell’intelligenza artificiale generativa negli ambienti di lavoro, è essenziale integrare il rispetto e il valore della dignità umana nelle nuove modalità di collaborazione con questa tecnologia.
Ben 3 lavoratori su 4 ritengono utili gli strumenti di intelligenza artificiale generativa, sostenendo che rendono il lavoro più efficiente (44%) e ne migliorano la qualità (38%). Tuttavia c’è preoccupazione per il fatto che possano limitare la creatività (14%), rendere il lavoro più meccanico e transazionale (15%) e generare ansia per la sicurezza dell’occupazione (11%). Insomma, un senso di disorientamento che evidenzia la difficoltà a decodificare questa complessità. È quanto emerge dalle tendenze digitali analizzate grazie ad una ricerca che si è messa in ascolto della rete globale di designer, creativi, tecnologi, sociologi e antropologi di Accenture Song. L’indagine ha mappato oltre 24mila rispondenti in 22 Paesi nel mondo.
Utenti connessi e impazienti
Ma il fattore tempo entra in gioco anche in quella che viene definita economia dell’impazienza: in molte culture si sottolinea come l’istruzione, il duro lavoro e la determinazione possano plasmare il futuro desiderato. Oggi 3 consumatori su 4 desiderano che le aziende rispondano più rapidamente alle loro esigenze in continua evoluzione. Più della metà preferisce ora soluzioni rapide e immediate, spesso affidandosi a informazioni provenienti dalla comunità online per ottenere risultati più veloci, anche percorrendo strade più rischiose per quanto riguarda la salute e le finanze. Gli influencer, un tempo focalizzati principalmente su stile, viaggi e musica, ora trattano anche aspetti fondamentali della vita come salute, benessere economico e felicità. Quando le aziende non riescono a soddisfare le aspettative, i consumatori si rivolgono alla comunità digitale, spingendo i marchi a restare al passo per mantenere la loro fedeltà.
Fiducia a rischio
Protesi tra volontà di sperimentare nuove tecnologie e rischio di essere coinvolti in potenziali abusi e attacchi hacker. In fondo il crescente numero di truffe confonde e si fa fatica a navigare tra contenuti autentici e ingannevoli. L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa rischia di accentuare questa confusione, mettendo alla prova la fiducia degli utenti nelle piattaforme digitali. Già oggi più della metà degli utenti mette in dubbio l’autenticità dei contenuti online. Questa erosione della fiducia sta influenzando negativamente lo shopping online e le interazioni con i brand, con il 33% degli utenti che ha riportato attacchi deep-fake o truffe nell’ultimo anno. I marchi devono quindi rassicurare i consumatori, creando punti di riferimento affidabili nelle comunicazioni, nel commercio e nei prodotti.