I progressi ci sono, specialmente in ambiti come il riciclo dei materiali e la raccolta dei rifiuti: l’Italia, infatti, è tra gli Stati europei che non rischiano di mancare l’obiettivo di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani (55 %) e l’obiettivo di riciclaggio per i rifiuti di imballaggio (65 %). Ma la strada verso il raggiungimento di altri obiettivi di sostenibilità ambientale imposti dall’Unione europea è ancora lunga – soprattutto su temi come l’inquinamento atmosferico e la tutela della biodiversità – anche perché in Italia non vengono investiti abbastanza fondi pubblici nello sviluppo green.
Il gap tra fondi e stime di spesa
Secondo il Riesame dell’attuazione delle politiche ambientali 2025 – la quarta edizione, pubblicata nel mese di luglio dalla Commissione europea, che si riferisce al periodo 2021-27 – infatti, a fronte di 39,7 miliardi di euro (a prezzi 2022) all’anno di investimenti annuali necessari per conseguire gli obiettivi ambientali del Paese nei settori della prevenzione e della riduzione dell’inquinamento, dell’economia circolare e dei rifiuti, della protezione e gestione delle acque, della biodiversità e degli ecosistemi, l’Italia ne stanzia “solo” 31,4 miliardi di euro all’anno (a prezzi 2022), compresi i finanziamenti dell’Ue – che inclusi i fondi della Bei pesano per poco meno di un terzo (29%) -, la spesa pubblica e privata nazionale che pesa per circa il 71 per cento. Il finanziamento pubblico totale (europeo e pubblico nazionale) rappresenta il 54 % del totale.
Il gap tra fondi necessari e stime di spesa è presto calcolato: circa 8,3 miliardi di euro, pari allo 0,4% del Pil nazionale (una percentuale inferiore rispetto alla media europea dello 0,77%). Il gap tra fabbisogno e investimenti, però, è in fase di riduzione: si è sicuramente ridotto rispetto a quanto rilevato nella precedente edizione di questo “bilancio” sul conseguimento degli obiettivi green da parte dei paesi europei, che in precedenza era stato pubblicato nel 2017, nel 2019 e nel 2022. Nel report del 2022, che si riferiva al periodo 2014-2020, il gap era di circa 10,2 miliardi pari alla differenza tra il fabbisogno di investimenti per l’Italia per un anno medio – che era decisamente più basso: 21,9 miliardi di euro – e gli stanziamenti, che all’epoca erano 11,7 miliardi, quindi un terzo rispetto a quanto stimato nel 2025 per il periodo 2021-27.
Gli investimenti da fare
Tornando al fabbisogno attuale di investimenti, la quota maggiore dovrebbe andare a sostenere l’economia circolare – uno dei perni attorno al quale ruotano le politiche green europee e in questo nuovo corso è stato “riletto” in chiave di asset per la competitività – che avrebbe bisogno di circa 17,6 miliardi di euro l’anno. Mancherebbero all’appello, secondo le stime della Commissione, circa 2,8 miliardi di euro all’anno ai quali si dovrebbe aggiungere poco meno di mezzo miliardo da indirizzare ad azioni per la gestione dei rifiuti (non appartenenti all’economia circolare). A seguire, circa 9,2 miliardi dovrebbero andare alla prevenzione e alla riduzione dell’inquinamento; 8,1 miliardi di euro per le acque e 4,8 euro per la biodiversità e gli ecosistemi a 4,8 miliardi di euro.
Sfide e obiettivi
Le sfide principali del nostro Paese, secondo il report, sono la riduzione di inquinanti atmosferici – nonostante siano stati fatti alcuni progressi, infatti, persistono superamenti dei valori limite sia per il PM10 sia per il biossido di azoto -, nel trattamento delle acque reflue, con sanzioni della Corte di giustizia Ue irrogate per due (su quattro) procedure di infrazione in corso. Infine, c’è il tema della biodiversità: lo stato di conservazione di habitat e specie deve essere migliorato.